Ma gli esordisti esistono ancora? Sì è vero, forse prima di rispondere occorrerebbe almeno spiegarvi che cosa si intenda quando si fa uso di questo strano quanto emblematico vocabolo. Quella degli esordisti è una delle sette (segrete) più operative in ambito rock le cui origini, tramandate tra l’altro solo ed esclusivamente oralmente, si perdono nella notte dei tempi. Compito di ciascun adepto è quello di difendere, diffondere e divulgare – a volte a costo della propria stessa vita – la superiorità estetica, concettuale e storica dell’esordio discografico di chicchessia cantante o band, siano essi metallari o punk, neogotici o post new wave… non fa alcuna differenza! Segni di importante attività del movimento suddetto si registrano in Italia intorno al 2002 in concomitanza con la pubblicazione del terzo album di messere Bugo, l’osannato “Dal lofai al ci sei” (Universal). Nell’inneggiare generale – assolutamente meritato e motivato – i nostri (sì insomma sempre loro… gli esordisti) con un fare pacato e allo stesso tempo avvenente, facevano puntualmente riferimento al primo “silenzioso” passo del Bugo, il nascosto e misconosciuto La Prima Gratta. Nell’atto di menzione venivano utilizzati (con cadenza chirurgica) i termini “pietra di paragone”, “punto di confronto”, “il rapporto con”, “l’unita di misura”, “il metro” e via dicendo. Ne venne quindi fuori, una sorte di mappa genetica di un artista “in fieri” che da un lato guardava, ammiccando in un certo senso, alle sonorità americane garage/lo-fi (e su questo argomento andrebbe scritto un saggio d’approfondimento dal titolo “La non-standartizzazione dello standart”, ndr) e dall’altro invece, realizzava testi che avevano lo stesso sapore meccanico/affettivo delle sorprese nascoste all’interno delle confezioni di merendine di stampo alternative/regionale. Nei loro lucidissimi interventi (gli esordisti), si interrogavano senza retorica su come fosse possibile non farsi contagiare dall’ilarità del personaggio (già come si fa?) e dalla struggente malinconia conciata da clown che dalle sue liriche traspariva. Nel farlo citavano – a più riprese a dir la verità – brani come Spermatozoi o Il cellulare scarico, enfatizzandone la portata sociale prima ancora di quella artistica, perché l’importante era ciò che l’uomo aveva da dire e non il fruscio disturbato del microfono. Si tornava poi al presente, così, tanto per distogliere l’attenzione dei lettori. La missione era stata portata a termine. Chi lo sa, forse questi tanto millantati esordisti non sono mai esistiti… chi può dirlo?
(2001, Snowdonia / Bar La Muerte)
01 Quante menate che mi faccio
02 I baci della mia nonna
03 Solitario
04 Oggi come sto
05 Sabato mattina
06 …nca il tempo
07 Il cellulare è scarico
08 Nonne posso più
09 Raggio laserr
10 Goccie di wita
11 Spermatozoi
12 Cicca nei capelli iea!
13 Aspettando il verde
14 Potrebbe andar meglio
15 Malecanevirtuale
16 Nei momenti così
17 Una bottiglia di uischi
18 Addio alle canzoni di una volta
19 Ragazza cuboide (provino ’98)
20 Paranoia
21 Ne vuoi ancora? (che ore sono?)
A cura di Vittorio Bertone