Che il Bugatti (come dicono a Milàn) in arte Bugo viaggiasse su un sottilissimo filo tra ironia e nonsense (entrambi probabilmente non voluti dall’autore), tra gradevole naif e sgradevole kitsch, non è mai stato un mistero per nessun ascoltatore attento. Sin dal doppio album del 2004 “Golia e Melchiorre”, ma a maggior ragione con “Sguardo Contemporaneo” ed infine in maniera assolutamente esagerata con “Contatti”, il Bugatti (o la Universal?) voleva entrare nel giro giusto. Non era più casalingo, non voleva avere più un Dio, non mangiava la pasta al burro. Voleva il giro giusto, che è probabilmente arrivato proprio con la canzone omonima, nel 2008. Non è più un adorabile scoglionato, non ha più i capelli lunghi. Ha i capelli alla moda e i jeans strappati… ma non per l’usura. Glieli hanno venduti strappati; maggiorati di un buon 75% sul prezzo. E allora la Universal gli paga (o gli affibbia? Con Bugo non lo capisco mai) l’ottimo produttore pop Saverio Lanza, uno serio, capace, competente, uno che ha lavorato con Pelù, Vasco, Biagio Antonacci. E Lanza provvede a smussare gli angoli, a costruire una base elettronica di alto livello, sostenuta da perfette, inappuntabili chitarre rock e un basso che non sfigurerebbe nel miglior album di Vasco. Ma io dico, vacca boia, ma che diavolo c’entra tutto questo con Bugo? Le sardoniche canzonette di “Dal lofai al cisei”, esordio su Universal e, meglio ancora, quelle del precedente “Sentimento Westernato” su Bar La Muerte/Wallace, sono tra le migliori cose prodotte in Italia nello scorso decennio e hanno fatto innamorare di Bugo una nutrita schiera di ammiratori; brillanti melodie, arrangiamenti perfettamente ballonzolanti tra il lo-fi e il “nun c’avemo na lira”, un’ironia fottutamente reale, in primo luogo su sé stesso, che costituiva il punto di forza dei testi degli album. E’ possibile che sia la stessa persona che adesso titola un suo pezzo Lamentazione Nr. 322, manco fosse il marito di Yoko Ono? Tutto ciò che mi faceva sperare in lui è definitivamente scomparso in questo Nuovi Rimedi Per La Miopia… e dire che il titolo mi aveva fatto sperare bene. Tra episodi testualmente mediocri come l’introduttiva Non ho tempo, una sorta di manifestino morale contro la freneticità moderna, e La Salita, sorta di riflessione sulla vita (tuttavia musicalmente sopportabili pezzi pop-rock), si inseriscono episodi inascoltabili come la terribile Mattino e Comunque Io Voglio Te, quasi un pezzo di Nek, giusto per farvi capire da quale rabbia sia attanagliato chi vi scrive. Un disco senz’anima, senza colore, senza spunto; Lanza, c’è da dirlo, fa comunque un lavoro tecnicamente inappuntabile. Ma Bugo non è Antonacci, Bugo non è Michele Zarrillo, da nessun punto di vista. Non so se Bugo abbia definitivamente perso quel candore che lo rendeva speciale, quel che è certo è che, almeno a giudicare da quest’album, è quantomeno a corto di idee. Sperando che non abbia perso ciò che gli faceva scrivere buone canzoni.
(2011, Universal)
01 I Miei Occhi Vedono
02 Non Ho Tempo
03 E Ora Respiro
04 Mattino
05 Il Sangue Mi Fa Vento
06 La Salita
07 In Pieno Stile 2000
08 Comunque Io Voglio Te
09 Lamentazione Nr. 322
10 Città Cadavere
A cura di Nicola Corsaro