Ci siamo abituati a essere scena, gruppo sociale, trend, network. Ci siamo abituati a fare da cavia nelle ricerche di mercato e in quelle delle agenzie interinali. E questa cosa fa un po’ schifo, diciamolo. Calcutta ha 26 anni, viene da Latina ma bazzica Roma Est. Punto. Non aggiungiamo nient’altro sul suo conto. Nessun “lui rappresenta la generazione precaria” o cose così, vi prego. Per una volta, proviamo ad ascoltare le sue canzoni senza doverle per forza rovistare nel cesto degli anni Zero.
Perché Mainstream è questo: un pugno di piccole canzoni vere, appuntate nel quaderno di Edoardo D’Erme, che raccontano di giorni “da buttare” e altri in cui passare il tempo “a disegnare” (Milano). Bozzetti di vita in cui il “Frosinone in Serie A” è una notizia allo stesso modo di appartamenti incasinati, nostalgie irresistibili, film sul divano e certi ululati sentimentali.
“Ti presterò i miei soldi per venirmi a trovare” (Del verde), canta Calcutta alle prese col suo umore scuro. Sì, è il pop questo. E il pop è quella cosa che ti racconta delle storie e lo fa senza particolari effetti speciali e a cavallo di una melodia immediata, talmente tanto, che te la ritrovi addosso come rugiada sui vestiti. E la rugiada di Calcutta si chiama musica elettroacustica: pianoforti, chitarra e tastiere d’un tempo fa. E soprattutto canzoni: tonde, rotonde, con una silhouette perfettamente riconoscibile.
Ma non è un disco perfetto, questo. Ci sono dei nei. Vedi l’iperrealismo insistente, ad esempio, e forse qualche ingenuità nell’interpretazione di certe emozioni. Edoardo però non cerca di coprirli con del maquillage, perché quei difetti, rovesciati nel cuore cavo delle sue canzoni, si fanno poetica, detestabile, contestabile, ma poetica. Alzi la mano chi può vantarne, oggi, una tutta sua.
(2015, Bomba Dischi)
01 Gaetano
02 Cosa mi manchi a fare
03 Intermezzo 2
04 Milano
05 Limonata
06 Frosinone
07 Intermezzo 1
08 Del verde
09 Dal verme
10 Barche
IN BREVE: 3,5/5