Assentarsi dalle scene per oltre cinque anni è per un artista qualcosa di molto vicino all’esilio volontario ma, a parte l’essersi presa tutto il tempo necessario alla stesura del nuovo album, Carmen Consoli ha avuto anche un altro valido motivo che giustifica pienamente la prolungata assenza: una gravidanza, il parto, un figlio da cominciare a crescere. E’ con questo enorme presupposto e con la relativa attesa dettata dagli anni di silenzio che arriva in questo freddo mese di Gennaio L’abitudine di tornare, ottavo lavoro in studio della cantautrice catanese.
La sorpresa principale dell’album sta innanzitutto nelle tematiche trattate. Sarebbe stato alquanto prevedibile (ma anche lecito) per Carmen incentrare le narrazioni sullo stravolgimento della sua vita avvenuto col nuovo ruolo di madre, così come fatto da tantissime altre “donne in musica” prima di lei. Invece no, le dieci tracce del disco rappresentano piuttosto un’istantanea agrodolce del Paese in cui viviamo: il cancro della mafia in Esercito silente, il femminicidio ne La signora del quinto piano, la crisi che opprime sempre più gli italiani in E forse un giorno, la disperazione delle traversate del Mediterraneo nella struggente La notte più lunga.
Insomma, una sorta di TG ma senza quel sensazionalismo, quel populismo che trasuda pressoché ogni trasmissione della TV italiana che si occupi d’attualità, per di più con una vena d’ottimismo che di tanto in tanto riesce comunque a venire fuori (ad esempio nel verso “ma la primavera tornerà nei nostri poveri cuori avviliti e ammalati e li guarirà” di “E forse un giorno”).
C’è anche qualcosa di decisamente più intimo come in Ottobre, con in primo piano una storia d’amore omosessuale, o nel romanticismo senza miele di Oceani deserti (scritta insieme all’amico Max Gazzè), ma l’unico chiaro riferimento autobiografico è quello della conclusiva Questa piccola magia, inevitabilmente dedicata alla creatura da poco partorita. Per il resto, la title track e l’amara ironia di Sintonia imperfetta riprendono il canovaccio di tante storie di coppie già narrate dalla Consoli, mentre l’impenetrabile San Valentino è l’unico brano ad avere più le sembianze della poesia che quelle del racconto.
Poi l’aspetto musicale: l’azzeccata scelta della title track come primo singolo in quanto brano con l’incedere più radiofonico e classicamente consoliano del lotto, la comparsa di un bel po’ di inserti elettronici usati però sempre come contorno e mai come portata principale, l’abbandono definitivo di quella dimensione etnica che tanto era piaciuta in un album come “Eva contro Eva” e la riacquisizione della semplicità di una chitarra (ben in vista anche nell’artwork dell’album e nelle foto promozionali).
“L’abitudine di tornare” è un lavoro che cristallizza uno stile fatto di tagliente ironia supportata da un linguaggio tutt’altro che complicato, di classe innata anche nel toccare gli argomenti più delicati, di abilità nel costruire e distruggere amori senza mai scadere negli stereotipi della canzone italiana. Ed è il miglior ritorno che Carmen Consoli potesse regalare, oggi, al suo pubblico.
(2015, Universal)
01 L’abitudine di tornare
02 Ottobre
03 Esercito silente
04 Sintonia imperfetta
05 La signora del quinto piano
06 Oceani deserti
07 E forse un giorno
08 San Valentino
09 La notte più lunga
10 Questa piccola magia
IN BREVE: 3,5/5