A ripensare oggi alla parabola dei Cave In, una formazione metalcore arrivata persino a incidere su major (su RCA, nel 2003 con “Antenna”, un album tendenzialmente meno ruvido che divise e non poco il seguito della band del Massachusetts), viene da chiedersi quale sia stato l’esatto momento in cui abbiano rinunciato a fare il definitivo “salto” verso più prestigiosi lidi che li facessero emergere dalla piccola nicchia di riferimento. Le premesse c’erano state tutte, con tanto di tour a supporto di Foo Fighters e Muse, uno sdoganamento commerciale bello e buono che poteva essere sfruttato diversamente. Sarà che quel “salto” i Cave In non l’hanno mai voluto fare davvero, sarà che non gli è riuscito (perché non è così scontato che avere un’occasione voglia dire saperla sfruttare), fatto sta che il ritorno su Hydra Head ne ha in qualche modo ridimensionato le ambizioni, sebbene la loro sia sempre e comunque rimasta una proposta estremamente interessante.
Se il primo momento cardine della carriera dei Cave In può sfuggire, altrettanto non può tristemente dirsi per il secondo: è il 28 Marzo 2018 e Caleb Scofield, basso e voce della band, muore in un incidente stradale proprio dopo aver finito di incidere alcuni contributi con i compagni. Un evento del genere novantanove volte su cento rappresenta il definitivo scioglimento di una band, invece Stephen Brodsky e gli altri hanno deciso di rimettersi all’opera sull’ultimo materiale su cui i Cave In stavano lavorando, in modo da tirarne fuori un disco che potesse essere anche un tributo all’amico scomparso.
Il risultato è Final Transmission, un album che come emblematicamente testimonia il titolo ha tutte le sembianze di un testamento della band oltre che del compianto Scofield, a partire dalla title track che apre il disco, in cui si sente la voce di Caleb che prova qualche spunto con la sua chitarra acustica. È l’aspetto emotivo quello prevalente di “Final Transmission”, è chiaro, perché l’apporto di Scofield non si limita solo a piccoli spunti ma a spesse porzioni di disco: All Illusion, ad esempio, vede Brodsky cantare un testo ricavato dai diari di Scofield, la conclusiva Led To The Wolves invece era stata quasi interamente ultimata dal bassista, così come intere linee di basso già messe a punto concimano l’intero lavoro.
In più di un passaggio si percepisce come il materiale rimasto nelle mani dei Cave In fosse grezzo e necessitasse di ulteriori approfondimenti, ma sta proprio in quella crudezza (ancora una volta citiamo Led To The Wolves, ma anche l’alternative di Winter Window e il granito di Strange Reflection) l’ago della bilancia dell’intero “Final Transmission”, sempre in bilico tra l’implosione e l’esplosione (come nel caso della stupenda melodia di Shake My Blood o nell’estasi space di Lunar Day).
Inevitabilmente la storia dei Cave In, se decideranno di continuare ad averne una, dovrà mutare drasticamente e lo farà. Ma se c’era un modo giusto per ricordare Scofield e rendergli tributo, quello era esattamente “Final Transmission”, che nella seppur enorme tragedia tira fuori dai Cave In alcune tra le composizioni più intense della loro intera produzione, lasciando intendere come lo stato di forma della band fosse tornato su ottimi livelli e acuendo il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere se il destino non avesse inciso così negativamente.
(2019, Hydra Head)
01 Final Transmission
02 All Illusion
03 Shake My Blood
04 Night Crawler
05 Lunar Day
06 Winter Window
07 Lanterna
08 Strange Reflection
09 Led To The Wolves
IN BREVE: 4/5