“Dimmi cu sugnu, non mi riri nzoccu era”. Quest’haiku siculo, Cesare Basile, lo intonava nel suo debutto “La Pelle”: era il 1994, Basile tornava da Berlino a Catania forse un po’ sconfitto, con l’umore di chi sarebbe prima o poi partito di nuovo per tenere il segno della propria esistenza. E così fu: Milano, sette anni al Nord, il rock che conta, la scena. Sette anni in cui la sua musica s’impregna di collaborazioni, di Americhe, di blues, di altrove. E sette anni in cui la Sicilia era un punto là sotto da assecondare, un’amante da dimenticare, cui dire addio. Sette pietre per tenere il Diavolo a bada, seconda prova di Basile per Urtovox, oggi, è il disco del nuovo ritorno a casa. Stavolta però “finalmente”, come recita il titolo della trasmissione radiofonica che Basile conduce su Radio Zammù (emittente dell’Università di Catania). Dopo sette anni, infatti, Cesare lascia Milano e ritorna in pianta stabile a Catania “perché non si può essere emigranti per sempre” come dice lui stesso. Ed ecco di nuovo il covo-sala di registrazione di Zen Arcade, di nuovo le marmitte puzzolenti e rumorose, la creatività repressa tipiche della città. Ed ecco allora che quel verso (“dimmi chi sono, non dirmi quel che ero”) ritorna testualmente ne Il sogno della vipera, ma sostanzialmente in tutto il nuovo disco, alla ricerca di un’identità che lo vede ora impegnato con un nuovo progetto chiamato L’Arsenale: una confederazione di musicisti e artisti che vogliono smuovere le acque immobili della Sicilia. E dunque chi è oggi Basile? Un uomo che vuole raccontare la sua Sicilia dalla Sicilia. Incazzato se serve, dolente se è il caso. Le sue “sette pietre” sono canzoni di terra, graffi, spigolature arcaiche ma attuali e malinconie acustiche. Cesare parla del verme che ossessiona l’Isola (Strofe della guaritrice), dei suoi dittatori (La Sicilia havi un patruni di Ignazio Buttitta e Rosa Balistreri), del tanfo della morte (Questa notte l’amore a Catania), di amore (L’ordine del sorvegliante) e solitudine (L’impiccata). E lo fa affidandosi ancora al blues, stavolta, però, non cosparso della finissima sabbia del deserto, ma invece immerso nelle pozze purulenti delle macellerie e tra i rigagnoli neri dei crocicchi di tutte le città siciliane. Senza però piangersi addosso, senza lamento e tirando fuori i denti. Un disco politico, arrabbiato, innamorato.
Nota: Basile s’è fatto accompagnare agli strumenti dal solito folto numero di amici: Vera di Lecce, Rooberto Dell’Era, Rodrigo D’Erasmo, Roberto Angelini, Marcello Caudullo, Enrico Gabrielli, Alessandro Fiori.
(2011, Urtovox)
01 L’ordine del sorvegliante
02 Il sogno della vipera
03 L’impiccata
04 Strofe della guaritrice
05 E Alavò
06 Elon Lan Ler
07 Sette spade
08 Lo scroccone di Cioran
09 La Sicilia havi un patruni
10 Questa notte l’amore a Catania
A cura di Riccardo Marra