Fra i massimi esponenti di quel big beat che imperversò a metà anni ’90, i Chemical Brothers sono stati di certo quelli usciti meglio dall’inesorabile trascorrere del tempo e dal repentino mutare rotta di un satellite che avevano enormemente contribuito a lanciare in orbita. I Prodigy si sono un po’ persi strada facendo, non riuscendo mai ad alzare l’asticella rispetto ai loro primi lavori. Di Fatboy Slim, poi, si saprebbe poco o nulla se non fosse per l’attività live.
Ed Simons e Tom Rowlands invece sono ancora al loro posto, pubblicano album con una certa costanza e passi falsi eclatanti non ne hanno mai compiuti. Anzi, hanno saputo riciclarsi e spostarsi abilmente come scacchi, seguendo le scie, le mode, i tempi di un’elettronica che viaggia a velocità siderali. Questo Born In The Echoes, così, è l’ottavo tassello di un percorso fatto di contaminazioni e collaborazioni che tirano a lucido lo spettro dei fratelli chimici, pur non ampliandolo di molto.
In quanto ad atmosfere, il passo avanti è segnato da un mood psichedelico ancor più marcato che in passato, con la componente prettamente rock a venir fuori come nella miglior tradizione delle mistioni del duo, vedi soprattutto I’ll See You There ma anche la più danzereccia Reflexion o EML Ritual (qui spunta Ali Love) che, sebbene scurissima, ha lo stesso incedere da trip. Ancora, il carattere della title track con alla voce la songwriter Cate Le Bon o Radiate col suo altalenante climax che culmina nella parte centrale in distorsioni ai limiti del noise.
Si diceva delle collaborazioni. Oltre ai già citati Ali Love e Cate Le Bon, “Born In The Echoes” ne vanta altre di altissimo livello: c’è l’amico di vecchia data Q-Tip nel singolo Go che grazie al rapper somiglia forse un po’ troppo a “Galvanize”, ma che proprio per questo ha la bolla d’accompagnamento del successo da classifica. Poi St. Vincent e Beck: Annie Clark presta la voce in Under The Neon Lights e l’impressione è che nella realizzazione del pezzo c’abbia messo ben più delle sole corde vocali. Hansen, invece, fa splendere nella conclusiva Wide Open tutta la sua innata classe, che anno dopo anno si fa sempre più cristallina e che qui in compagnia del duo segna il momento più eclettico del disco.
“Born In The Echoes”, in definitiva, suona dannatamente Chemical Brothers, Sometimes I Feel So Deserted ne è manifesto tanto quanto la parte centrale affidata alle prettamente dance Just Bang e Reflexion o lo stesso immergersi in un magma di beat lentissimi di Taste Of Honey, ma suona anche moderno e al passo coi tempi, confermando Simons e Rowlands fra i più ricettivi agli input esterni da vent’anni a questa parte.
(2015, Virgin EMI)
01 Sometimes I Feel So Deserted
02 Go (feat. Q-Tip)
03 Under Neon Lights (feat. St. Vincent)
04 EML Ritual (feat. Ali Love)
05 I’ll See You There
06 Just Bang
07 Reflexion
08 Taste Of Honey
09 Born In The Echoes (feat. Cate Le Bon)
10 Radiate
11 Wide Open (feat. Beck)
IN BREVE: 4/5