La cosa bella, quando disconosci o non padroneggi alla perfezione una lingua, è poterne apprezzare il suono, le melodie che s’intrecciano controvoglia per le strade come gli odori nei sūq. Ora: non è proprio esatto dire che il sottoscritto disconosca l’idioma anglosassone, anzi (avrei fatto meglio a introdurre così i Tinariwen o che ne so io). E’ piuttosto corretto affermare che – ahimè – le mie skills non sono sufficienti per potermi considerare al pari d’un madrelingua. E che dunque, fortunatamente, posso concedermi al flow travolgente di prove come Midcity abbandonando il ruolo d’inquisitore lessicale che in Italia, spesso e volentieri, mi riconduce con forzata destrezza tra le sicure braccia dei Uochi Toki. Ai quali peraltro, ne sono abbastanza sicuro, i Clipping non potranno che piacere smisuratamente. Il supertrio di Los Angeles – composto dall’MC Daveed Diggs, William Hutson e Jonathan Snipes – dà alla luce (si fa per dire!) un album che di luminoso ha veramente molto, molto poco. “Midcity was here” è la scritta sulla trave dalla quale pende il beat, in uno sconfinato spazio che vede fluttuare indisturbati harsh noise, glitch, musique concrète e una vasta gamma di buchi neri pronti a inghiottirti.
Dalla dichiarazione d’intenti dell’Intro allo sfiancante commiato dell’Outro, l’album non cede in qualità di un millimetro e cresce, cresce, cresce dispoticamente ad ogni ascolto. Il singolo Loud spiana il cammino allo squadrone d’assalto: l’unico momento in cui tirare il fiato è Overpass alla quale però seguono, inesorabili, le spettacolari imboscate di Guns.Up e Killer, l’arroventato uno-due Mobb2it–Story e il sadismo sonoro di Real.
I Clipping non sono degli incendiari, non hanno molotov in mano e non lasciano tracce del loro operato: dimenticate la fiammate à la B L A C K I E o Death Grips, la meticolosità con la quale appiccano il fuoco è piuttosto degna d’un diligente ed insospettabile piromane. Come giustamente sottolinea Paul Lester sul Guardian: “Non si tratta di una comune hip-hop crew. Non vengono dal ghetto e il loro rapporto con quella cultura è distante, mediato. Jonathan Snipes è un sound designer specializzato in musica elettro-acustica, oltre che compositore per il cinema ed il teatro. William Hutson sta per ultimare il suo PhD in Performance Studies alla UCLA. La responsabilità, a questo punto, è tutta nelle mani dell’MC Daveed Diggs, ma persino quando tenta di trascinarci all’interno della sua corrente lirica ci si sente come in un esercizio intellettuale”.
Minimal senza esserlo del tutto e di un’aggressività a dir poco elegantemente messa in scena, “Midcity” suona un po’ come se Hal 9000 fosse sì un ritrovato della scienza, ma di quella doppia H. Forse in questo difetta la sua comunque irrinunciabile odissea: in un’asfissia senza intercessioni, una categorica spietatezza che cerca, liricamente, le prese d’aria di cui ha bisogno e a tratti non trova, finendo per accartocciarsi un tantino. Siamo comunque, è il caso di sottolinearlo, nel campo delle pecche che il critico o presunto tale tenta indefessamente di rintracciare. E che in questo caso non bastano, poco ma sicuro, a sfregiare il volto di una tra le migliori opere dell’anno. “It’s clipping, bitch”.
(2013, Autoprodotto)
01 Intro
02 Loud
03 Bout.That (ft. Baseck)
04 Get.It (feat Kill Rogers & TiVO)
05 Five
06 Bullshit (ft. Jalene Goodwin)
07 Overpass (Skit)
08 Guns.Up
09 Mobb2it
10 Killer (ft. Kill Rogers)
11 Collect
12 Story
13 Real (ft. Ezra Buchla)
14 Outro