Leggendo il nome Cloud Nothings viene subito alla memoria una sottospecie di indie discretamente gradevole, ma sicuramente non memorabile (faceless, direbbero alcuni), imperniato su chitarra e voce dello sveglio frontman Dylan Baldi. Ergo, quando ci si trova ad ascoltare le prime due tracce di Attack On Memory, terzo lavoro long playing dall’esordio nell’ottobre 2010 sempre su Carpark, si rimane piacevolmente stupiti. Probabilmente, il gruppo di Cleveland non voleva sfigurare davanti a Steve Albini, guru ormai incontrastato di tutto quanto ciò che è alternativo al mondo, al quale hanno affidato la produzione di quest’album; e per far ciò il buon Dylan Baldi si è messo sotto ad ascoltare i Wipers ed i Fugazi (addirittura, dichiara lui stesso, anche Black Sabbath e Killdozer!), ed ha ampliato lo spettro, francamente molto limitato, della proposta musicale della band. In realtà, Albini accetta chiunque possa pagare la non esorbitante tariffa di registrazione nel proprio studio di Chicago, ergo non lasciatevi ingannare: anzi, ad essere onesti, Albini non è che abbia prestato loro molta attenzione, come ammette serenamente Baldi. Ha semplicemente fatto il suo (sempre ottimo) lavoro, e crediamo che il ragazzo di Cleveland non potesse chiedere di meglio. Albini conferisce all’album un suono assolutamente limpido, pulito, senza far perdere ad esso forza o dinamicità. Nonostante la gran parte dell’album non si discosti di moltissimo dalla produzione precedente, importanti passi in avanti (assolutamente inaspettati, per parte di chi scrive) verso un post-punk decisamente di alto livello si intravedono in No Future No Past e soprattutto nella splendida Wasted Days. E se in pezzi come Our Plans e Cut You si torna all’indie indolente di sempre, il suono albiniano ne nobilita le dissonanze rendendolo meno faceless, sempre sapendo che non stiamo parlando di nulla di nuovo o di trascendentale. Per i Cloud Nothings, dopo questo inaspettato passo in avanti e questo tirare la volata rispetto all’infinita pletora di gruppi indie che infestano le nostre orecchie, non ci resta che aspettare un intero album al livello di “Wasted Days” per una consacrazione. Allo stato attuale, il livello complessivo dell’album non ci consente di classificarli come qualcosa in più di una sorprendente nuova promessa per la musica americana.
(2012, Carpark)
01 No Future No Past
02 Wasted Days
03 Fall In
04 Stay Useless
05 Separation
06 No Sentiment
07 Our Plans
08 Cut You
A cura di Nicola Corsaro