Le città di mare, si sa, hanno la capacità innata di accogliere e raccontare storie, aggiungendo nuovi tasselli al proprio mosaico culturale. Chi ci nasce e decide di intraprendere nella propria vita un percorso artistico, inevitabilmente dovrà fare i conti con un’innata attitudine alla contaminazione del proprio background. I C’mon Tigre ne sono un perfetto esempio: un duo di musicisti di origini anconetane di stanza a Bologna, con una forte vocazione collettivistica e con un’altrettanta marcata inclinazione alla sovrapposizione di diverse istanze musicali. Se una sapida mescolanza di afrobeat, world music, jazz, desert blues era stato l’ingrediente cardine del loro scintillante omonimo esordio del 2014, seguito poi dall’EP del 2017 “Elephant” – contenente due remix di due brani di “C’mon Tigre” e un inedito – per questo sophomore, Racines, agli elementi distintivi della loro cifra sonora si aggiunge una sfumatura più sintetica, che strizza l’occhio a toni psych e post soul.
Ma v’è di più: alla dimensione musicale se ne affianca un’altra visuale, rappresentata da un libro che racchiude le opere di visual artist, fotografi, street artist e illustratori nazionali e internazionali – tra i vari: Sic Est, Peccinotti, Boogie, Mode2, Ericailcane, Maurizio Anzeri – che forniscono un’ancora visiva alle storie raccontate in “Racines”. Facendo un piccolo passo indietro, si è parlato di un duo dalla vocazione collettivistica: questo è evidente nella scelta di porre l’accento sulla collaborazione dei validi musicisti nazionali e internazionali attraverso la loro esclusiva menzione nei credits del lavoro discografico. Sono Pasquale Mirra, Beppe Scandino, Mirko Cisilino, Marco Frattini, Jessica Lurie, Amy Denio, Sue Orfield, Tina Richerson, Mick Jenkins con cui i due anonimi marchigiani, anime del progetto, hanno scritto, arrangiato e prodotto questa seconda fatica.
Dieci bozzetti sonori dalle marcate velleità jazzistiche, aperti dalla languida Guide To Tasting Poison contraddistinta da questo incedere ritmico singhiozzante che fa da cornice a un sensuale riff di chitarra e ad ottoni dall’attitudine fuzzy. Per poi accelerare e sciogliersi in una suite finale con un beat dai toni velatamente elettronici. Gran Torino, invece, ha un’anima afrobeat dai toni cangianti. Qui ben si amalgamano inclinazioni più danzerecce con le incursioni dei fiati che danno grande ampiezza orchestrale al brano. In Underground Lovers e Behold The Man si scorge il passo in avanti, l’evoluzione strisciante del loro sound. Ritmiche interrotte e trascinate si mescolano agli artifici vocali del talkbox e ai synth, generatori di un groove sintetico che ricorda da lontano alcuni lavori di Kaytranada e dei Badbadnotgood. Proprio con i canadesi condividono la collaborazione con il rapper Mick Jenkins, che presta il suo spoken word in Underground Lovers.
808 è un tributo a Enrico Fontanelli, ex componente degli Offlaga Disco Pax scomparso prematuramente nel 2014, che aveva collaborato alla stesura del loro primo lavoro. Paloma e Racines, la titletrack, dimostrano di avere un’attitudine post soul che si scorge sia nella vocalità, più piaciona, sia nella costruzione sonora, elegante e compassata. La conclusiva Mono No Aware 物の哀れ ha armonie più cupe e dimesse, i fiati stentorei conferiscono al pezzo un’atmosfera solenne, da titolo di coda, che ben si addice alla sua funzione di chiusura del disco.
Dopo quasi un lustro dal primo lavoro, “Racines” ci restituisce un gruppo maturo e consapevole di aver alzato l’asticella della propria proposta musicale, imperniata su questa iridescenza sonora che si insinua sotto la pelle dell’ascoltatore, mettendo d’accordo cuore e cervello.
(2019, BDC)
01 Guide To Poison Tasting
02 Gran Torino
03 Underground Lovers
04 808
05 Behold The Man
06 Paloma
07 Quantum Of The Air
08 Racines
09 As-tu été à Tahiti?
10 Mono No Aware 物の哀れ
IN BREVE: 4/5