Ancora prima di ascoltare Forever, freschissima release dei Code Orange, già si è coscienti che il disco sarà milestone fondamentale del loro processo di maturazione. Il combo americano, infatti, da chiunque mastichi di hardcore e derivati è definito una delle realtà più interessanti in assoluto, capace di creare un seguito notevole sia in Europa che, in primis, oltreoceano.
La sperimentazione sonora è di casa, affrontata con quella geniale irresponsabilità caratteristica di chi raggiunge certi picchi in tenera età; quella inventiva che permette di affrontare un genere complesso e trainante a testa alta, duettando in popolarità e qualità con i mostri sacri, citandoli, rubandone tendenze e stili. Sperimentazione è il concetto chiave, variabile fondamentale che a seconda di come viene affrontata può decretare fortune e disgrazie di album, band, interi movimenti. I Code Orange sono giovani, sono cattivi, sono sporchi, ci credono davvero e, sopra ogni cosa, spaccano tutto. Ma c’è altro di basilare, che li ha accompagnati sin da quando poco più che adolescenti si sono affacciati sulla scena mondiale: la tendenza a innovare.
Il sound è contaminato da influenze di ogni sorta, si sente la presenza di industrial e thrash metal quando spinge sull’acceleratore, profumo di anni ’80 in alcune campionature e ariosità quasi post rock quando la band decide di prendersi una pausa collegando le diverse parti dei propri lavori. “Forever” non abbandona questa tendenza, ne da una forma più concreta, matura ma in un certo senso preoccupante. L’album ha due facce, segue due percorsi non ben definiti che si intrecciano, si allontanano, ritornano: da una parte la violenza controllata e consapevole di chi ha ormai compreso come padroneggiare la propria energia; dall’altra un bisogno incontrollato e inconsapevole di provare qualcosa di più, andare oltre e non obbligatoriamente nella direzione corretta.
Forever e Kill The Creator aprono il disco come ci si aspetta, downtempo e uptempo si mischiano in uno scenario potente come mai nella loro carriera (la produzione sonora è davvero ottima). Real prosegue sullo stesso binario, il riffing è devastante, echi di Strapping Young Lad disegnano una cornice di livello altissimo. Poi accade l’impensabile, il blasfemo: Bleeding In The Blur, cantata da una Reba Meyers in clean, aggiunge un mattone importante (nel bene e nel male) al castello sonoro della band di Pittsburgh. La canzone è molto particolare, un incedere quasi grunge decisamente fuori contesto crea uno stop che lascia riflettere, ponendo domande e sollevando dubbi. L’orecchio è ora attento, la mente concentrata.
The Mud torna su percorsi più canonici ma non per questo banali, fa capolino una delle band che più ha influenzato i Code Orange nel loro processo evolutivo, quei Fear Factory maestri nel rendere il suono asettico, metallico e artificiale. The New Reality e Spy portano nuovi elementi alla brutalità del disco, sono due tracce monolitiche e baritonali guidate da riffing estremi che molto devono alla terza parte di carriera dei Pantera e mantengono il livello di coinvolgimento alto fino a che, succede ancora, Ugly fa la sua comparsa e lascia, per la seconda volta, interdetti. È un pezzo stoner, post grunge che dir si voglia, un nuovo cambio di stile sicuramente apprezzabile ma nuovamente estraneo al contesto.
Ma qual è il contesto da ricercare in questa esperienza sonora? Quello che vuole mantenere inalterato uno stile di successo o quello che affronta i capricci di un gruppo di ragazzi che forse vuole solo far scalpore? No One Is Untouchable quasi convince sul quale sia la scelta da fare: probabilmente il brano più killer dell’intera discografia dell’ensemble. Brano che ha il compito di scaricare la violenza residua per poi lasciare il passo a una conclusione in fondo coerente con lo spirito di tutto il lavoro; Hurt Goes On (che potrebbe esser stata scritta dai Nine Inch Nails) e dream2 (in una sola parola: onirica) smorzano i toni, rilassano i timpani e moderano le aspettative.
Se sia la scelta giusta, quella attuata dai Code Orange, ce lo dirà forse solo il prossimo album. Di certo c’è che è bene prestare particolare attenzione a quando il mix stilistico e di sonorità sfugge apparentemente al controllo.
(2017, Roadrunner)
01 Forever
02 Kill The Creator
03 Real
04 Bleeding In The Blur
05 The Mud
06 The New Reality
07 Spy
08 Ugly
09 No One Is Untouchable
10 Hurt Goes On
11 dream2
IN BREVE: 3,5/5