L’aspetto più indisponente della nuova scuola cantautoriale italiana è senza dubbio l’eccessiva ricercatezza lirica che, se almeno nelle intenzioni vorrebbe essere uno dei punti forti, finisce in definitiva per distrarre. Dalle melodie, dal reale significato dei testi, dalla ripetitività che pervade certi album di certi artisti. Perché stai lì a cercare di capire dove hanno piazzato la virgola (che sembra una fesseria, ma spostando una virgola cambia tutto) e se l’aggettivo X si riferisce al sostantivo Y o a quello Z. Roba scritta col vocabolarione sul tavolo, poco spontanea e molto artefatta. E quindi la prima menzione positiva per il siciliano Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo, non può che essere quella per le parole che propone in questo Un meraviglioso declino, esordio sulla lunga distanza da solista, dopo un ep omonimo e il buon lavoro fatto con gli Albanopower (in cui è voce e chitarra). Magari i testi di Urciullo possono pure essere tacciati di banalità, dell’assenza di parole lunghissime, così come di neologismi o di labirintiche subordinate. E magari le rime baciate sono pure troppe. Ma si fregiano per questo di un’invidiabile linearità, trasversali nel loro raccontare situazioni e momenti che ad ognuno prima o poi capitano, narrati senza alcuna pretesa letteraria. Quella pretesa che, come si diceva in apertura, alla fine scoccia. E invece l’album targato Colapesce fila piacevolmente liscio, tutto d’un fiato, nonostante le ben tredici tracce. Nonostante non ci sia di mezzo il triangolo droga-sesso-depressione ma solo l’amore e la pittura di paesaggi, realizzata talmente bene da far credere d’esser stati lì con Urciullo mentre li osservava quei paesaggi. Come quello descritto nella trasognata Oasi (“…lo stipendio da niente, dimezzato dai vini”, stupenda questa frase) o in La distruzione di un amore (“Come un gruppo metal in un locale vuoto, con due vecchi al bancone / Ti sentirai, come un cecchino senza le munizioni al suo primo lavoro”). Dal punto di vista strumentale, poi, la formula di Urciullo non è neanche così semplicistica: chitarra acustica sì, ma a volte viene fuori anche qualcos’altro (vedi il riff elettrico contenuto in Sottotitoli) e le atmosfere sonore ricreate – ricche di inserti e sfumature – fanno perfettamente il paio con le parole che accompagnano. Insomma, “Un meraviglioso declino” sembra avere tutte le carte in regola per sovvertire il proprio stesso titolo, lanciando Colapesce fra “quelli che contano”.
(2012, 42 Records)
01 Restiamo a casa
02 Satellite
03 La zona rossa
04 Un giorno di festa
05 Oasi
06 Le foglie appese
07 Quando tutto diventò blu
08 I barbari
09 La distruzione di un amore
10 Sottotitoli
11 S’illumina
12 Il mattino dei morti viventi
13 Bogotà
A cura di Emanuele Brunetto