Viva La Vida (Or Death And All His Friend) è il lunghissimo titolo dato al quarto album dei Coldplay. Titolo alquanto curioso ed impegnativo poiché ispirato ad un dipinto di Frida Kahlo, e accompagnato da un art work altrettanto particolare: il dipinto “La Libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix. Se il disco costituisce un ottimo lavoro in quanto a packaging, non si può dire lo stesso del materiale musicale in esso contenuto. La reazione scaturita dopo un primo ascolto è, infatti, quella di chiedersi che fine abbiano fatto i Coldplay di “Parachutes”, riuscitissimo esordio della band, o dove siano finiti quegli aspetti maturati in “A rush of blood to the head” tanto piaciuti a pubblico e critica. La prima ed immediata impressione è quella che l’album sia diviso nettamente in due parti: le prime sei canzoni, difatti, non entusiasmano per nulla e l’apertura del disco, affidata ad un pezzo strumentale registrato volutamente in bassa qualità, risulta molto piatto e di poca originalità. Fino al sesto brano l’ascoltatore rimane dubbioso riguardo l’acquisto fatto. A salvare i primi venti minuti di “Viva la Vida” solo la quarta traccia, 42, che sembra essere legata, in quanto a stile e struttura del pezzo, al penultimo disco della band capitanata da Chris Martin: “X & Y”. Delle tanto osannate “influenze iberiche” che, si diceva, avrebbero caratterizzato questo album nemmeno una traccia. Con Yes, settimo degli undici brani (se calcoliamo anche la ghost track), le cose cambiano repentinamente. Il tipico sound dei Coldplay fa capolino e ci si comincia a render conto di come forse non si siano buttati soldi al vento. Un fine arrangiamento compone questo pezzo che, quasi inevitabilmente, fischietterete durante una sana passeggiata o in macchina. Viva la vida, titletrack, e Violet Hill, gettonatissimo singolo il cui video è stato girato in Sicilia, costituiscono in fulcro del disco e palesano le novità entrate a far parte del sound dei quattro, che verranno apprezzate appieno solo dopo qualche ascolto. In questo lavoro, i Coldplay sembrano aver abbandonato quell’alone di nostalgia, o malinconia, che pervadeva la maggior parte delle canzoni contenute nei primi due album (vedi “Sparks”, “Trouble”, “Spies”, “The Scientist”, “Warning Sign”, “Politik”), a favore di melodie più vivaci. Il ritmo intrapreso nella seconda parte dell’opera si spezza con Strawberry Swing, brano che poco ha a che fare con gli altri e che, francamente, non gode di una buona musicalità. Il disco si conclude con Death and all his friends, piacevole da ascoltare e senza pretese, e la ghost track che sembra voler fungere da outro al cd. Insomma, “Viva la vida or death and all his friends” non è certo il miglior album dei Coldplay e non verrà, sicuramente, incluso tra i cento migliori dischi del decennio, ma risulta comunque un lavoro apprezzabile, dal facile e piacevole ascolto.
(2008, Parlophone / Capitol)
01 Life in technicolor
02 Cemeteries of London
03 Lost!
04 42
05 Lovers in Japan/Reign of love
06 Yes
07 Viva la vida
08 Violet hill
09 Strawberry swing
10 Death and all his friends
– ghost track –
A cura di Stefano Natale