Lo scorso decennio Julie Christmas s’era ritagliata un suo spazio grazie ai nerboruti Made Out Of Babies e soprattutto allo strepitoso “A Day Of Nights”, toccata e fuga al limite del capolavoro del supergruppo Battle Of Mice (era il 2006). Nel 2010 era riapparsa con la sua prima e unica opera solista, salvo poi scomparire senza lasciare tracce.
I Cult Of Luna, che davamo per morti dopo l’annuncio di una pausa a tempo indeterminato a ridosso dell’uscita di “Vertikal”, accolgono la cantante americana e danno vita a un album che è una buona sintesi tra le due anime artistiche. L’atmosfera sulfurea ricalca l’oppressione post metal della band svedese ma la Christmas ci mette del suo. C’è più lei che lo scream scorticato di Johannes Persson tra le maglie di Mariner.
Dopo un inizio firmato Cult Of Luna al 100% (A Greater Call) la voce di Julie sale in cattedra e graffia sull’andatura marziale di Chevron, in cui la band mostra i muscoli con un riffing fiammeggiante che ricorda i Neurosis di “Through Silver In Blood”. A strappare applausi è The Wreck Of S.S. Needle che nasce dalle morbosità degli Swans e si trasforma in un maestoso iceberg post core, ricco di ammalianti melodie e un climax finale da brivido.
“Mariner” potrebbe finire anche qui lasciandoci in dote un enorme senso di appagamento. Approaching Transition è una spettrale ballad psichedelica mentre Cygnus si sviluppa su giochi chiaroscurali e prende quota nelle battute finali.
Non ci sono sostanziali rivoluzioni stilistiche nel sound dei Cult Of Luna a parte una maggiore presenza di synth e i brani sono ben calibrati per supportare le altalene vocali della Christmas tra urla veementi e abbassamenti pregni di lucida follia in cui richiama, nello stile, il miglior Jonathan Davies. Disco di tutto rispetto, non era poi così scontato.
(2016, Indie)
01 A Greater Call
02 Chevron
03 The Wreck Of S.S. Needle
04 Approaching Transition
05 Cygnus
IN BREVE: 3,5/5