Ogni opera firmata Current 93 richiede una copiosa dose di tempo e concentrazione per potervi accedere e comprenderla dall’interno. Dischi che sono invero cattedrali circonfuse d’una torbida nebbia di incubi, quelli che David Tibet dipinge con cura certosina nelle sue arcane liriche.
A questa regola non sfugge I Am The Last Of The Fields That Fell: A Channel, ultimo capitolo di una storia lunga ben 32 anni che non sembra aver ancora imboccato il viale del tramonto. Sì, perché se il recente “HoneySuckle Aeons” era un’estenuante collezione di canzoni dalle strutture scheletriche e dalle idee confuse e mal assemblate, con questo nuovo episodio David Tibet dà vita al miglior disco della sua creatura dai tempi dell’ineffabile “Black Ships Ate The Sky”.
La grammatica non è rifondata, solo raffinata. Le architetture tornano a stratificarsi e farsi corpose ma senza eccessi e i dettagli, con le loro sfumature, delineano la fisionomia di questi undici brani. Il pianoforte mantiene un ruolo centrale accanto alle melodie rudimentali e recitate di Tibet, il quale chiama a sé ospiti di tutto rispetto per accompagnarlo in questo nuovo atto espiatorio.
La voce di Anthony Hagerty sale in cattedra in Mourned Winter Then, elegia che ondeggia come una foglia morta nel vento. Nick Cave si presta ai cori di Why Did The Fox Bark?, momento di elegante e celestiale poetica pianistica. L’oscuro clarinetto di Jon Seagrott dei Comus striscia come una serpe del dissestato selciato atonale di The Invisible Church (ai cui controcanti c’è Bobbie Watson, anch’ella di stanza nei Comus).
Non pago di percorrere le strade del neo-folk più scarnificato, Tibet in Those Flowers Grew penetra nei territori del progressive anni Settanta schizzandolo con acido psych-rock, strizza poi l’occhio ai tormenti di Robert Wyatt in The Heart Full Of Eyes e compie un breve ritorno al passato nella chiusura noise del climax ad alta tensione di And Onto PickNickMagick. Sbuca persino John Zorn col suo sax indemoniato che percuote come un flagello i cerchi concentrici di Spring Sand Dreamt Larks: sul finire strepita come uno straziante urlo umano mentre sopraggiungono i versi in rima del pittore e scultore Herbert Kox.
Ma è l’afflizione alla Satie del toccante piano di With The Dromedaries ad affondare un colpo letale, ad affondare la carne e ghermire l’anima, scuotendola e mettendole di fronte tutta l’assurdità e l’irrazionale dolore che sono la materia prima della realtà. Un brano di caratura nettamente superiore a tutto il resto.
Il terrificante e minimale surrealismo di David Tibet si rimette così in marcia percorrendo strade ora lugubri, ora immerse in sognanti paesaggi siderali. Sembrava che la fiamma creativa che ha alimentato per oltre 30 anni i Current 93 stesse vacillando. Per fortuna, non è così.
(2014, Coptic Cat)
01 The Invisible Church
02 Those Flowers Grew
03 Kings And Things
04 With The Dromedaries
05 The Heart Full Of Eyes
06 Mourned Winter Then
07 And Onto PickNickMagick
08 Why Did The Fox Bark?
09 I Remember The Berlin Boys
10 Spring Sand Dreamt Larks
11 I Could Not Shift The Shadow
IN BREVE: 3,5/5