Fossero venuti fuori vent’anni fa, quando l’aria si era fatta irrespirabile di scorregge di boy band manufatte in laboratorio e tanfo di spogliatoio e calzini dato dall’avvento della sciagura nu-metal, la stampa musicale britannica si sarebbe buttata sui giovani Gallesi come i piranha su una goccia di sangue, vaneggiando di rinascita di questo e di quello, di destino al successo e amenità similari. E invece siamo nel 2023, e i revivalisti non fanno scandalo né causano eccitazione, soprattutto se il loro senso estetico consiste apparentemente nel prendere vestiario a caso dai cosiddetti thrift shop e abbinarlo altrettanto casualmente e le loro foto instagrammabili sono di tizi barbuti o baffuti con strumenti in mano, intenti a suonare, e anche sudati; ne va da sé che anche i trend setter (ché ormai parlare di musica ci fa schifo, è un ammennicolo oltremodo passé) possano trovare insignificante o poco più la proposta di questi ragazzi, adusi a riempire luoghi di culto come il Clwb Ifor Bach di Cardiff ma non il segnalatore dei like o come cazzo si chiama di TikTok.
Se questa premessa intrisa di boomerismo vi ha infastidito, pensate a cosa può fare il motto ufficiale della band di Church Village (da cui il nome, Church Village Collective. Abbreviato in CVC), che è “Peace, love and good times, stay real, stay true”, una roba a metà tra l’hippie anni ’60 e le pagine motivazionali di influencer del self help. Eccetto, però, il fatto che non è posticcio quanto un post social, ma sincero quanto le loro esibizioni dal vivo, cariche di sudore, tensione emotiva e, tanto per gradire, una band che suona da dio. E difatti i CVC sono tutt’altro che revivalisti, sono tutt’altro che calcolati, ma sono una band di gran livello che in sé catalizza le più svariate influenze del rock di qualità, dagli inevitabili Beatles ai meno scontati Steely Dan o Turtles, che vi dovrebbe far capire che il livello tecnico ambisce a qualcosa di più della solita solfa che negli ultimi dieci anni ci ha intossicato nell’ambiente indipendente britannico. Fanculo il vestiario e i social, Sophie dovrebbe scalare le classifiche, con la sua energia e gli irresistibili “uh la la la”. E Good Morning Vietnam, che asseconda la disco “sbagliata” dei Rolling Stones, non è assolutamente da meno come potenziale radiofonico.
Get Real, prodotto dalla band e mixato da Ross Orton (Arctic Monkeys, Yard Act) non fa mistero delle influenze dello psych rock e del pop rock più sofisticato, ma nel contempo non lascia che tali influenzi obliterino un’originalità compositiva di estremo valore: prendiamo ad esempio Winston, beatlesiana il giusto, tinta di venature di Electric Light Orchestra e di country, espone le sue influenze come il bianco lenzuolo macchiato di una vergine nel medioevo, ma nel contempo presenta la forte personalità della band gallese che la smarca dalle influenze.
Se “Get Real” difetta in qualcosa è forse in una produzione fin troppo competente, che smussa gli angoli e lima fino all’eccesso la delirante energia dei CVC che rende le esibizioni dal vivo una rara eccellenza nel mondo un po’ stantio e banale del rock indipendente (e non) britannico di questi anni. E questa limatura fa un po’ perdere sprint ai 43 minuti del disco e non rende forse giustizia all’estrema competenza tecnica della band, che emerge solo con la pazienza di ascolti multipli e attenti.
— 2023 | CVC Recordings —
IN BREVE: 4/5