L’esperienza di vedere all’opera dal vivo Daniel Blumberg è straniante, per lunghi tratti dolcemente lacerante nel suo insinuarsi sotto la pelle e nella carne. Durante il tour di quel meraviglioso affresco che è stato il suo primo lavoro da solista “Minus” (2018), compariva di tanto in tanto, tra un’improvvisazione e l’altra, tra un aggeggio rumoroso e l’altro, anche un’invocazione, una litania, un mantra che sembrava quasi potesse aiutare Blumberg a superare la durezza (tanto lirica quanto sonora) di quanto stava facendo sul palco. Quel mantra così ossessivo, quel “On and on and on and on and on…” così penetrante, altro non era se non il ripetuto abbozzo della quadripartita e quadruplicata title track di On&On, il suo secondo lavoro in studio.
L’impalcatura di questa nuova opera di Blumberg resta totalmente in scia a quella della precedente, non fosse altro che per i musicisti che l’hanno supportato, il produttore (sempre Peter Walsh) e la copertina che confrontata con quella di “Minus” sa tanto di capitolo due. In realtà c’è molto più di questo, perché d’accordo che l’acustica pizzicata, il pianoforte (ma decisamente meno di due anni fa), gli archi e una valigia piena zeppa di suoni e rumori ambientali restano pur sempre le basi su cui poggiano le composizioni di Blumberg, ma il tutto è qui portato all’estremo, un estremo che siamo sicuri verrà superato ancora in futuro ma che in “On&On” trasforma l’improvvisazione in vero e proprio metodo.
L’elemento improvvisativo, che in “Minus” riguardava soprattutto la sua trasposizione live, in “On&On” s’insinua profondamente nella tracklist, lasciando a pochi sprazzi il compito di riconciliarsi con una forma canzone più canonica. È il caso di Bound, quantomeno nei suoi primi tre minuti circa, oppure di Teethgritter, un folk-country d’altri tempi che si rivela essere una delle composizioni in assoluto più lineari di Blumberg. Ma la ripetizione a intervalli regolari nella tracklist On&On, di volta in volta corretta e seppur minimamente variata, scombina tutto rendendo ottimamente il concetto di circolarità cui Blumberg sembra aspirare (date anche un’occhiata al videoclip, fatto solo da Daniel che gira in moto attorno a una rotatoria).
E sta tutto lì il senso del disco e dell’intera forma espressiva scelta da Blumberg, ovvero ritornare continuamente su se stesso, sugli stessi concetti, a volte a mo’ di curativo flusso di coscienza altre come ossessione impossibile da scacciare via. L’equilibrio che ne viene fuori è ancora una volta perfetto, giusto una tacca più complicato, più claustrofobico e meno accessibile che in “Minus”, ma proprio per questo sua meravigliosa prosecuzione. Ma è evidentemente un disco di passaggio “On&On”, che proietta Blumberg verso un’ulteriore destrutturazione e sottrazione nella sua musica, c’è da scommetterci.
(2020, Mute)
01 On&On
02 Sidestep Summer
03 On&On&On
04 Bound
05 Silence Breaker
06 On&On&On&On
07 Teethgritter
08 On&On&On&On&On
09 Pillow
IN BREVE: 4/5