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Darkside – Nothing

L’estetica che il progetto Darkside s’è costruito attorno è senza dubbio una della più significative e segnanti degli ultimi lustri. Non soltanto per merito dei due dischi pubblicati fino a questo momento da Nicolas Jaar e Dave Harrington (“Psychic” del 2013 e, un’era geologica dopo, “Spiral” del 2021), ma anche per ciò che i due hanno saputo fare al di fuori della loro sfera congiunta, specie Jaar, che con la sua bulimia compositiva ci ha inondati di materiale a onor del vero sempre valido, a smentire quell’assioma che vuole la quantità nemica della qualità. Ecco, i due si sono ritagliati uno spazio importante, sono diventati punto di riferimento di un modo di fare musica e non può quindi passare inosservato ogni loro seppur minimo movimento, ogni spostamento di traiettoria.

L’ultimo di questi movimenti li ha portati adesso a Nothing, il loro terzo lavoro in studio che è anche il primo in cui Jaar e Harrington hanno aperto la loro dinamica di duo a un terzo elemento, il percussionista Tlacael Esparza, ormai parte integrante del microcosmo Darkside. E l’apporto di Esparza è l’unica nota per certi versi nuova, incisiva, che presenta l’album rispetto a quanto Jaar e Harrington avevano abituato, a dare un tocco groovoso che salta immediatamente all’orecchio nel funkeggiante singolo S.N.C. (“There’s nothing on my mind / Nothing on my mind” intona Jaar, a segnare un po’ il concept di un disco che guarda preoccupato al mondo esterno) e in American References (qui invece a muovere le fila c’è l’ossessiva ripetizione del verso “Si no funciona, no me diga que funciona” su base percussiva latineggiante).

Per il resto c’è tutto ciò che vuol dire Darkside, ovvero il pregevole lavoro alla chitarra di Dave Harrington, che si perde nelle sue narcolettiche divagazioni psych come in Are You Tired? (Keep On Singing), dettando la linea del lavoro così come dell’intero progetto; e poi la dance punk acidissima di Graucha Max, il lungo trip pop soul di Heavy Is Good For This e le delicatissime e confidenziali due parti di Hell Suite, in cui Jaar modifica la sua voce fin quasi a renderla il canto di una sirena. Mentre si finisce, o meglio si inizia con SLAU, che apre l’album in piena continuità con quanto fatto in passato dai Darkside, in un moto circolare che arriva fino alla conclusiva Sin El Sol No Hay Nada.

Lontano, anzi lontanissimo dall’essere un lavoro negativo (fossero tutti di questo livello i dischi negativi, avremmo ogni settimana decine di motivi per cui sorridere), “Nothing” non ha però quei colpi di coda, quei guizzi che hanno fatto sì che la sigla Darkside diventasse ciò che è diventata, attestandosi piuttosto in una comfort zone che continuiamo ad amare profondamente ma che sembra qui essersi fermata a specchiarsi un po’ troppo, fino a dimenticare di fare un passo in avanti. Uno di quei passi che fanno tutta la differenza del caso e che i Darkside hanno dimostrato, più volte, di saper compiere con estrema nonchalance. Ma non stavolta.

2025 | Matador

IN BREVE: 3/5