“Everything And Nothing” percorreva il corridoio temporale a ritroso concentrandosi sulle istantanee dei lavori solisti appese al muro che profumavano dei ricordi di due decenni di carriera. “Camphor”, due anni più tardi, si aggirava in un giardino senza voce ma avvolto nelle melodie strumentali che negli anni si sono stratificate come un labirintico alveare. Ora è con Sleewalkers che giunge la terza gittata d’occhio tematica di David Sylvian, una raccolta, questa volta, di composizioni nate dalla moltitudine di collaborazioni intraprese dal cantautore inglese nel corso degli ultimi dieci anni, sparse tra le opere intestate a proprio nome e le ospitate in lavori altrui. Sedici frammenti che testimoniano i multiformi interessi musicali-culturali di Sylvian, ne sottolineano per l’ennesima volta la capacità di mettersi alla prova su tessuti sonori differenti senza perdere un solo granello del proprio stile. “Sleepwalkers” si rivela un’elegante esplorazione dei contatti istituiti da Sylvian, alcuni già a noi noti grazie anche a brani ormai divenuti classici (“Forbidden Colours” vi dice qualcosa?), altri fioriti di recente.World Citizen (I Won’t Disappointed) consolida la partnership col compositore giapponese Ryuichi Sakamoto (di che parlavamo qualche battuta fa?) dipingendo una metropoli pulsante in un ventre di velluto notturno puntellato dalle luci giallo-rossastre dei grattacieli. Sempre su climi ombrosi, dall’aria anche vagamente minacciosa, Pure Genius proviene dal secondo lavoro di Tweaker – al secolo Chris Vrenna che in curriculum vanta la militanza presso i Nine Inch Nails -, quel “2 a.m. Wake Up Call” che vi consigliamo di rispolverare. Christian Fennesz griffa, e si sente, i disincanti scorticati di Transit, atterraggio sul suolo lunare con frequenze sfalsate ad ogni passo. Folta è invece la schiera di estratti dall’interessante progetto Nine Horses con Steve Jansen e Burnt Friedman e dai due album fino ad oggi a loro intestati: Money For All è un blues ammodernato,The Day The Earth Stole Heaven fa l’occhiolino ai Porcupine Tree in formato semi-ballad, Wonderful World si espande liquida e jazzy con Sylvian in veste di meraviglioso crooner, Ballad Of A Deadman è uno scorcio rustico che rimanda a Mark Lanegan (con Joan Wasser aka Joan As A Policewoman al controcanto). Sempre dalla collaborazione con Jansen nasce la delicata Playground Martyrs che ha l’autunno nel midollo di ogni nota. Stranianti ed un po’ sinistre sono le smagrite Angel e Thermal, soundscapes che supportano lo spoken di David (c’è anche il jazzista d’avanguardia Arve Henriksen alla tromba). Five Lines è sulla stessa lunghezza d’onda delle recenti prove del nostro, un cantautorato ostico e privo di strutture sonore convenzionali, più prossimo alla classica contemporanea che all’universo del rock, per quanto variegato e molto flessibile nei confini possa essere: realizzata col compositore giapponese Dai Fujikura (col quale sta lavorando ai remix di “Manafon”, in uscita il prossimo anno), “Five Lines” è quindi un continuo saettare di dissonanze di violino che pungono come aculei. La title-track è il parto a quattro mani con Martyn Brandlmayr degli austriaci Polwechsel a ridosso della prima session di registrazioni di “Manafon” e ne risente inevitabilmente nello stile astrattista informato da cenni melodici che paiono volti in ombra che si ritraggono nel buio più fitto. Sugarfuel, per certi versi, sembra la cugina meno sofferente e sghemba della “Contradiction” di Apparat, filtrata attraverso il setaccio dei Massive Attack (inclusa in “Babilonia”, buon lavoro di Readymade FC). La coppia Exit / Delete – The World Is Everything ci concedono due piccole perle di forma canzone d’autore: entrambe con Takagi Masakatsu, la prima ha l’odore della terra dopo la pioggia; la seconda è la contemplazione di un tramonto in cui ogni colore converge in un rosso fuoco dietro l’enorme finestra di un grattacielo. A Trauma spetta il compito di far scorrere i titoli di coda, rimasta fuori dall’affascinante “Blemish”. In linea con l’evoluzione della sua dimensione artistica, David Sylvian si astiene dal rilasciare la consueta retrospettiva celebrativa utile soltanto ad aumentare di una tacca il numero di pubblicazioni in carriera. La funzione strettamente compilativa di “Sleepwalkers” è soppiantata dalla configurazione di una mappatura artistica ora più completa, perché raggruppare ognuna di queste esperienze in una sola opera dona più valore ad ogni singola esperienza, evitando che rimanessero lì, sparse come semplici diversivi o occasionali incontri per occupare il tempo. Omogeneo nonostante la sua mancanza di continuità stilistica, “Sleepwalkers” sa come farsi amare con colpi di eleganza, di genio, di gusto estetico. David Sylvian al centoun percento.
(2010, Samadhi Sound)
01 Sleepwalkers
02 Money For All
03 Ballad Of A Deadman
04 Angels
05 World Citizen (I Won’t Disappointed)
06 Five Lines
07 The Day The Earth Stole Heaven
08 Playground Martyrs
09 Exit / Delete
10 Pure Genius
11 Wonderful World
12 Transit
13 The World Is Everything
14 Thermal
15 Sugarfuel
16 Trauma
A cura di Marco Giarratana