Sensazione di disordine e caos: Labyrinthitis ha origine da un periodo molto strano nel quale Dan Bejar, frontman dei canadesi Destroyer, aveva l’impressione che qualcosa in lui non andasse o fosse fuori posto, con annesse vertigini e perdite di equilibrio da “ubriachezza immaginaria”, come se fosse affetto da tinnitus (acufene), un disturbo dell’udito di cui solitamente arrivano a soffrire coloro che ascoltano e fanno musica a volume molto alto per anni, appartenente a sua volta ai sintomi della labirintite. Da lì il gioco di parole con l’intrico di un labirinto, reso graficamente dai rami aggrovigliati sulla copertina del disco, tra realtà e illusorietà, riscontrabile fin dai pochi versi della lunga intro It’s In Your Heart Now, dove il protagonista tenta di ritrovare (dentro di sé) la via di casa, smarrito in un groviglio di synth e chitarra.
Tra le principali fonti letterarie che hanno ispirato Bejar possono essere citati alcuni racconti di Jorge Luis Borges, l’indagatore di labirinti per eccellenza, e di Howard Philip Lovecraft per le atmosfere scure di brani come Suffer, danza coinvolgente costellata di guitar riff, incentrata sugli scherzi giocati dalla fama. Si prosegue su temi affini con la vuotezza dell’alta società e degli sfarzi espressa nello spoken word di June, traccia di matrice funk disco con basso in primo piano, e nei balli di All My Pretty Dresses. Merita una menzione a parte Tintoretto, It’s For You, le cui trame complesse si articolano a partire dalla coppia basso-piano gotica e spettrale che cresce ed esplode in passaggi strumentali tra darkwave e krautrock, sfumando in archi sintetici e tromba nel finale.
Ad introdurre la seconda parte dell’album è la minimale title track strumentale Labyrinthitis, anticamera dei ritmi disco della messinscena shakespeariana e inverosimile Eat The Wine, Drink The Bread, che cede il posto alla giocosa It Takes A Thief, per poi vagare senza meta e nascondersi negli ipnotici dedali house di The States, e ritornare al tema pessimistico del mondo come palcoscenico nell’ultimo atto con la chitarra accennata e i cori della folkeggiante, malinconica e decisamente molto sixties The Last Song. Con il suo tredicesimo lavoro Destroyer espande ulteriormente i suoi già estesi confini sonori e riconferma quella buona padronanza di linguaggio che contraddistingue da sempre le sue liriche, a ormai ben ventisei anni dagli esordi.
(2022, Merge / Bella Union)
01 It’s In Your Heart Now
02 Suffer
03 June
04 All My Pretty Dresses
05 Tintoretto, It’s For You
06 Labyrinthitis
07 Eat The Wine, Drink The Bread
08 It Takes A Thief
09 The States
10 The Last Song
IN BREVE: 4/5