Gli americani Dope Body con Kunk saziano la voracità, il cannibalismo dei cultori degli anni Novanta del noise caotico e delle schermaglie industrial, il loro sound è una catena di montaggio di riff, pressioni percussive acute e una lacerazione lirica che rimangono impresse, se non altro per la soggezione che incutono a orecchie e tranquillità.
Dieci brani claustrofobici che consolidano i quattro di Baltimora come una realtà di tutto rispetto nella nuova scena yankee “hard tutto”, una misura, una dimensione quasi sciamanica di alienazione e distorsioni inverosimili che magnetizza ascolti non indifferenti, un disco che attraversa – e fa breccia – stranianti nebbie sature di odio nichilista e maniacale.
Una tracklist che sprigiona energia grezza e negativa, trattata in assoluta perfezione malefica e dove anche la band si fa viscida forma sonora dai colori infernali; lo spacey dark di Dad, la nevrosi che gronda da Muddy Dune, gli ingranaggi sanguinolenti di Obey e la sostanza muriatica che imbeve Void contagiano tutto e anticipano l’inferno elettrico di questo mondo inverso, di questi Dope Body dai globuli neri. Siamo nel mezzo, tra lontani Nine Inch Nails e fantasmi di Sightings.
(2015, Drag City)
01 Casual
02 Dad
03 Goon Line
04 Muddy Dune
05 Old Grey
06 Obey
07 Ash Toke
08 Down
09 Pincher
10 Void
IN BREVE: 3/5