Una casa vuota, troppo grande per farti sentire al sicuro ma troppo piccola per consentirti di andar via con la mente. Blister di pillole colorate sparsi tutt’intorno, di quelle che col dosaggio errato ammazzerebbero un cavallo ma di cui tu hai tremendamente bisogno per provare a non perderti nella nebbia di un’esistenza complicata.
E poi tanto alcol, un’angoscia da perderci il sonno e la consapevolezza che stavolta è una mano da dentro o fuori, vomiti via tutto o quel tutto finirà per cannibalizzarti. Kyle Bates è riuscito nella prima delle due opzioni e nei nove mesi in cui istinto suicida e paranoia stavano per averla vinta ha messo in piedi Cold Air, chiuso in casa, quasi in una rudimentale – ma efficace – seduta psicanalitica.
L’ambiente amico/nemico è lì in ogni traccia, nei rumori in sottofondo, mentre Bates si lancia nelle divagazioni shoegaze di Small Sleep, Put Me To Sleep e Shower, nei tre intermezzi defaticanti del disco, nello slowcore di stampo Codeine di Quickeninge Two Faces e in quello più trasognato di Klonopin (le pillole…) e Knowing.
Bates si racconta, senza vergogna ma consapevole che il tunnel dev’essere attraversato tutto, fino in fondo, per poter dire di esserne finalmente uscito, un tunnel in cui l’aria è ghiacciata, la morte sempre in agguato e la mente troppo spesso ottenebrata dalle sostanze. Una, due, tre strutture e diverse sovrastrutture s’intrecciano nel secondo album del progetto Drowse, ma alla fine Bates la luce pare davvero averla trovata.
(2018, The Flenser)
01 Small Sleep
02 Quickening
03 (Body)
04 Rain Leak
05 Klonopin
06 (Bedroom)
07 Death Thought
08 Two Faces
09 Put Me to Sleep
10 Knowing
11 (Person)
12 Shower
IN BREVE: 4/5