Per quanto possa risultare fastidioso tale appellativo, va da sé che un progetto come Dunk debba essere annotato sotto la voce “supergruppo”, perché i protagonisti sono tutti già ampiamente noti nel panorama indipendente italiano: i fratelli Ettore e Marco Giuradei (appunto, nei bresciani Giuradei), Luca Ferrari dei Verdena e Carmelo Pipitone dei Marta Sui Tubi.
I quattro esordiscono congiuntamente con questo self titled che in poco più di mezz’ora snocciola un apprezzabile songwriting (appannaggio di Ettore Giuradei) che sa essere visionario ma anche più classicamente intellegibile, fatto di saliscendi emotivi che aiutano lo svolgimento della tracklist e fanno il paio con le alternanze piano/forte su cui lavora con attenzione la sezione ritmica.
Sound che è senza dubbio la portata principale: pieno, corposo, avvolgente in ogni passaggio, potente quando serve lo sia (vedi il singolo È altro con la sua immediatezza) o più rarefatto (vedi Intro) a seconda della piega presa dal disco. Opera di una formazione che sa dove mettere le mani in studio e sulla strumentazione, che si lancia nei tribalismi di Avevo voglia senza disdegnare progressioni post rock come in Mila, facendo soprattutto leva su un impianto psych che è nelle corde dei musicisti qui impegnati e che ha in Ballata 1 la sua miglior rappresentazione.
I Dunk percorrono latenti sentieri prog (la già citata Avevo voglia) oppure folk rock (Noi non siamo) con naturalezza, dimostrando come il background di ciascuno sia tornato utile in fase di stesura dei pezzi, proprio come dev’essere in una formazione-puzzle come la loro. Un debutto che in ottica futura promette davvero bene.
(2018, Woodworm)
01 Intro
02 Avevo voglia
03 Mila
04 È altro
05 Spino
06 Ballata 1
07 Amore un’altra
08 Stradina
09 Ballata 2
10 Noi non siamo
11 Intermezzo
IN BREVE: 3,5/5