Gli Echo & The Bunnymen non sono una band inattiva dal punto di vista discografico. Certo, da ormai quasi una trentina d’anni non sono più neanche degli stakanovisti del lavoro in studio, ma periodicamente tornano a farsi sentire e sempre con dignità e qualità. Ian McCulloch e i suoi non sono neanche al palo nell’attività live, visto che di tanto in tanto li si vede in giro. Dunque perché un disco come questo The Stars, The Oceans & The Moon?
McCulloch l’ha spiegato chiaramente in fase di presentazione: “Non lo sto facendo per nessun altro. Lo sto facendo perché è importante, per me, rendere le canzoni migliori. Devo farlo”. Ecco, sul fatto che lo abbia fatto per sé possiamo anche essere d’accordo, come si diceva i Bunnymen al momento non hanno bisogno di raschiare il fondo del barile per tirare a campare, quindi ci sta che la spinta sia venuta solo dalla voglia di rinverdire la vecchia produzione. Sul reale miglioramento dei brani, invece, c’è da discutere eccome.
Spieghiamo meglio: “The Stars, The Oceans & The Moon” altro non è se non una raccolta di pezzi sparsi della produzione dei Bunnymen, ripresi e riproposti in nuove vesti. Operazioni del genere, che di per sé possono anche risultare interessanti se le riletture sono in chiave acustica, orchestrale o in qualsiasi altra forma che sovverta gli equilibri delle composizioni originali, perdono un tantino di significato se lo scopo è invece quello di togliersi lo sfizio di registrare nuovamente i brani avvalendosi di mezzi tecnologici aggiornati e consapevolezza artistica maturata qualche decennio in più.
Il risultato sono tredici tracce che suonano molto, molto bene, in cui McCulloch si conferma ancora una volta una delle voci migliori – e più sottovalutate, occorre sempre ricordare quando se ne parla – dell’intera new wave. Ma sono anche tredici rivisitazioni senz’anima, che se non fosse per il valore intrinseco e storico dei brani perderebbero totalmente di significato. La sola The Killing Moon, che sarebbe un capolavoro anche suonata al citofono, risulta davvero “stripped”, eseguita com’è al solo piano, mentre altri pezzi da novanta come Angels & Devils e Ocean Rain non hanno pari fortuna, totalmente privati di quella coltre oscura e decadente che li avvolgeva nella prima stesura.
La controprova di come quest’operazione fosse alquanto superflua ce la danno i due inediti aggiunti alla tracklist, ovvero The Somnambulist e How Far?, che dimostrano ampiamente come i Bunnymen abbiano ancora più di qualche colpo in canna, con un mestiere e una coerenza stilistica a dir poco invidiabili. Per il resto, chi ha amato le versioni originali non troverà qui nulla di davvero interessante.
(2018, BMG)
01 Bring On The Dancing Horses
02 The Somnambulist
03 Nothing Lasts Forever
04 Lips Like Sugar
05 Rescue
06 Rust
07 Angels & Devils
08 Bedbugs & Ballyhoo
09 Zimbo
10 Stars Are Stars
11 Seven Seas
12 Ocean Rain
13 The Cutter
14 How Far?
15 The Killing Moon
IN BREVE: 2,5/5