America! Lo urlava Emanuel Carnevali in preda allo sgomento. America! Un’ossessione per certi versi, il più duro degli scenari e quello più irresistibile. Almeno per Emidio Clementi. E l’America si rifà il trucco, esagerato, anche in questo nuovo disco del leader dei Massimo Volume. Motel Chronicles è un nuovo reading, un nuovo album di letture, ancora con Corrado Nuccini, ancora a zenit sull’America. È l’episodio numero tre della collaborazione tra Mimì e Corrado. Il primo, “Notturno Americano” (2015), raccontava la luccicante disperazione di Carnevali tra le strade luride di New York; il secondo complicato, lisergico e sognante era rilettura dei “Quattro quartetti” (2017) di T.S. Eliot.
Oggi, invece, Clementi e Nuccini sfogliano le storie americane di Sam Shepard. “Motel Chronicles” di Shepard è trasposto senza riserve. Il vacuo abisso della solitudine. Le maschere mostruose della normalità. I ricordi d’infanzia così precisi e così irreali. Tangenziali, statali, moquette, squallide stanze d’albergo. Vetri di finestrini ghiacciati. Il sole che toglie il fiato, l’asfalto crudo che si crepa al sole. Un cerchio di dinosauri di gesso. Una bocca mostruosa che cerca di imitare lo smagliante sorriso di Burt Lancaster, il sudore di Nina Simone che gronda da sotto la parrucca. E poi la pazzia, il delirio, il vuoto. L’assoluto nulla dell’America con quella carica del suo tutto.
Le musiche di Nuccini, accompagnato da Emanuele Reverberi e da Francesca Bono, accendono luci e fanno piombare notti. Brillano e strisciano. Sono piene ma conoscono la danza del vuoto. Si muovono di elettronica e di certi suoni da club. Sono tappeto impolverato su cui striscia la voce di Clementi, senza discussione il migliore “lettore” della storia italiana. Il suo timbro è (come sempre) consistente, bruciante come morso di un serpente, e poi definitivo come solo la voce dei poeti sa essere.
E se il diario di Carnevali era il lirico destino di uomo in balia degli eventi, con quell’alternarsi di strazio e tenerezza, le cronache di Shepard sono cartoline ingiallite esposte sul supporto girevole fuori da un discount di periferia. Vicende senza speranza e senza pretesa di avercela. Ma allo stesso tempo cariche di evocazione e di sensazione di sorpresa. Succede qualcosa in quella geografia anonima? O forse è solo un miraggio? Non conta molto. Ci sono le parole che bastano, i finali non servono e neanche le trame. Ogni singola parola è un universo su cui soffermarsi. In quell’America, ieri.
— 2023 | 42 Records —
IN BREVE: 4/5