Gli Esben And The Witch hanno sempre raccolto molto meno di quanto meritassero. Forse perché Rachel Davies, Thomas Fisher e Daniel Copeman non hanno mai avuto la coolness richiesta di questi tempi per finire sulla bocca di tutti; più probabilmente perché nei loro ormai quindici anni di attività hanno sempre divagato tantissimo, sempre in uno spettro sonoro tra il sonno e la veglia, sempre tra il sogno e l’incubo, senza mai fermarsi troppo a decantare, anzi, cambiando di volta in volta il loro approccio, aggiungendo e togliendo elementi a seconda del momento. Ecco, probabilmente tutto ciò non ha giovato alla loro assimilazione da parte di un pubblico più vasto, ma è certamente servito a noi per capire l’esatto contesto nel quale si muove la formazione inglese.
Hold Sacred è il loro sesto lavoro in studio e arriva a cinque anni dal precedente “Nowhere” del 2018. Nel mezzo è successo quello che tutti sappiamo, un evento così epocale e sconvolgente che ha portato tantissime persone a rivedere le proprie priorità, a riconsiderare aspetti anche importanti delle proprie vite. E anche Davies, Fisher e Copeman, che a quanto pare sono stati proprio per questo sull’orlo dello scioglimento, hanno deciso di rimettersi nuovamente in gioco, lavorando nella solitudine del trio e in diverse località (tra cui l’Italia) alla costante sottrazione di fattori, un po’ come a voler sfrondare la loro musica e di riflesso le loro vite da più elementi possibili.
Il risultato li premia, perché “Hold Sacred”, pur continuando sulla scia della continua evoluzione di cui sopra, quella che probabilmente li ha anche danneggiati, li vede protagonisti di un lungo viaggio in territori ambient dall’esecuzione minimale. Un landscape umbratile in cui protagonista assoluta è la voce di Davies, davvero mai così in primo piano, mentre dal punto di vista sonoro i tre hanno deciso di eliminare pressoché del tutto le chitarre che in passato facevano il buono e il cattivo tempo, registrando e utilizzando suoni e rarefazioni dalla resa a dir poco suggestiva, impregnati di quella sacralità che non a caso compare nel titolo del disco.
L’ispirazione delle nove tracce che compongono “Hold Sacred” sta tutta dalle parti di un folk bucolico declinato in chiave dream wave, che a volte si fa più classico (come nel singolo The Well che inaugura il disco), a volte lambisce senza mai toccarlo del tutto lo shoegaze (come in A Kaleidoscope), a volte percorre sentieri slowcoreggianti persi in un groviglio sintetico (come in Heathen), a volte s’appoggia su pulsazioni che accentuano l’angoscia delle parole di Davies (come in True Mirror), fino all’ovattata oscurità nella quale finisce per annegare l’intero album (che culmina nella conclusiva Petals Of Ash).
Dicevamo della drammaticità delle frasi sussurrate da Rachel, e infatti non si fatica a scorgere nelle sue parole i germi della depressione, le ansie e una ciondolante salute mentale (affrontate non tanto in chiave personale, visto che la sensazione è più quella di una condizione collettiva e assoluta), la richiesta di un conforto che, tra un’immersione e l’altra nel buio più profondo, riesce fortunatamente a trovare vitali boccate d’aria. “Hold Sacred” è un disco che respira senza affanno, ma che è frutto di un periodo affannoso e che non fa nulla per nasconderlo, a maggior ragione nel momento in cui flebili bagliori di luce iniziano a irradiarlo. Un altro meraviglioso lavoro degli Esben And The Witch.
— 2023 | Nostromo —
IN BREVE: 4/5