Eska Mtungwazi è una sorta di divinità nel giro musicale londinese, nonostante sia giunta all’esordio su lunga distanza solo quest’anno. Un apprendistato che ha richiesto tempo per delineare una personalità sonora ben definita, dopo anni trascorsi tra l’insegnamento del canto e decine di collaborazioni.
In questo debutto omonimo Eska sfoggia un’eleganza disarmante, traendo linfa vitale dalle sue radici africane per elaborare una lingua tutta sua. Con la voce forte ma dalle sfumature vellutate, la cantautrice ci accompagna in un viaggio di soli 35 minuti in cui non c’è un brano fuori posto.
Eska si addentra nelle aride lande dell’african blues di Ali Farka Touré con la freschezza di Martina Topley-Bird (Heroes & Villains, Shades Of Blue), sfiora le nuvole con la delicatezza dei Cinematic Orchestra (Rock Of Ages) e volteggia sulle tenui gradazioni melodiche degli Zero 7 (Boundaries, She’s In The Flowers). Tutto l’album è percorso da una vena soul rivestita d’una coriacea scorza Seventies, tanto che intravedere l’ombra di Joni Mitchell nella stupenda This Is How A Garden Grows d’apertura non è un’allucinazione.
Innestando ogni riferimento stilistico in un corpus dalla forte impronta personale, l’opera prima di Eska è un flusso emotivo che riserva sorprese a ogni canzone. Gli arrangiamenti sono equilibrati grazie anche agli ottimi interventi di Matthew Herbert e Louis Hackett, che dosano ogni strumento collocandolo in un quadro ordinato dai dettagli minuziosi, come testimonia l’aggraziato origami sonoro di Gatekeeper, che è un po’ la somma della classe cristallina della Mtungwazi.
(2015, Earthling)
01 This Is How A Garden Grows
02 Gatekeeper
03 Rock Of Ages
04 Boundaries
05 She’s In The Flowers
06 Shades Of Blue
07 Heroes & Villains
08 To Be Remembered
09 Dear Evelyn
10 So Long Eddy
IN BREVE: 4/5