Parlare di reunion per un progetto come gli Everything But The Girl, sebbene a ventiquattro anni suonati dall’ultima volta in cui avevamo avuto loro notizie discografiche, non è del tutto corretto. Per il semplice fatto che Ben Watt e Tracey Thorn sono stati due artisti che hanno segnato congiuntamente l’elettronica a cavallo fra ’80 e ’90, poi hanno smesso di farlo e hanno continuato separatamente o con altre collaborazioni, poi sono diventati anche marito e moglie (quando già gli EBTG erano fermi da un pezzo), insieme hanno fatto “solo” i genitori e infine rieccoli oggi di nuovo sotto la stessa ragione sociale. Quindi più che di una reunion, più che di un ritorno, si tratta di un discorso ripreso esattamente da dove Ben e Tracey l’avevano lasciato in sospeso. Perché parlare di reunion lascia intendere ci sia stato un qualche allontanamento, cosa tutt’altro che vera nel loro caso.
Come successo a tantissime altre coppie, il lockdown ha rischiato di far implodere la relazione fra Ben e Tracey, ed è stato proprio lì, in quella convivenza forzata e prolungata, che i due hanno ritrovato la voglia ma anche la necessità di tornare a fare insieme ciò che meglio gli riesce. Il risultato è Fuse, un lavoro nato da un po’ degli spunti messi da parte da Watt nel corso del tempo e dal bisogno di Thorn di mettere nero su bianco ciò che le passava per la testa. E Tracey già in apertura di disco sfodera con Nothing Left To Lose uno di quei testi che l’hanno resa un punto di riferimento, rivolgendosi presumibilmente al marito, anche se in realtà non è poi così importante il destinatario del messaggio: “Kiss me while the world decays / Kiss me while the music plays”, il mondo tutt’intorno che collassa, la musica − la loro − che riprende a suonare, su una base che strizza l’occhio alla dubstep e che rinverdisce i fasti da dj di Ben.
Ed è proprio il lavoro di Watt che, come da sempre accade sul pianeta EBTG, funge da collettore di immaginari tra i più disparati, quando regala uno svolgimento trasognato alle notti nei club di Run A Red Light, quando dà vigore house a Caution To The Wind che pare uscita da “Temperamental” (1999) così come Forever con il suo marcato piglio dance, quando condisce con visioni orientaleggianti Lost o quando rende oscuramente cinematiche When You Mess Up e Interior Space. Non è un album uniforme per ispirazione questo “Fuse”, ma lo è all’interno dell’esperienza Everything But The Girl, produzioni che hanno sempre giocato a cavallo tra le contaminazioni, dentro e fuori i locali notturni, con più e meno bpm, mantenendo sempre una riconoscibile coerenza sonora.
“Fuse” è un lavoro meraviglioso, un lavoro dove clubbing (Ben) e intimità (Tracey) s’incontrano e si fondono inscindibilmente, ed è chiaro come ci sia ben poca nostalgia e nessun revivalismo nel ritrovarsi oggi a realizzare (loro) ed ascoltare (noi) un album del genere: perché è confezionato in modo sublime e perché attualizza semplicemente ciò che gli Everything But The Girl sono sempre stati, ovvero una splendida macchina da malinconiche atmosfere sintetiche. A volte, come in questo caso, non lasciar perdere e tornare su un discorso rimasto in sospeso può fare bene e risultare persino terapeutico.
— 2023 | Buzzin’ Fly/Virgin —
IN BREVE: 4/5