Gli Everything Everything dopo una breve assenza tornano a stupirci con A Fever Dream, un album paragonabile a una pietanza del futuro che a ogni morso propone un sapore differente. Considerati da sempre un gruppo di geeks, i loro testi ci consegnano una visione nervosa e caotica del mondo, a condizione che vengano staccati gli occhi dallo smartphone.
È l’ennesimo caso di ciò che potrebbe definirsi “political pop”, un fenomeno nella scrittura dei testi molto comune agli artisti del nostro tempo, secondo cui anche il pop può essere denuncia: in Big Game, ad esempio, un verso spassionatamente dedicato a Trump dice: “Even little children see through you”.
Già con “Get To Heaven” del 2015, i falsetti di Jonathan Higgs erano diventati meno criptici, fino ad arrivare a quest’ultima fatica la cui unica “pecca”, rispetto ai lavori precedenti, è quella di essere decisamente più dance. Questione da considerare un punto a favore della riuscita dell’album stesso: impossibile stare fermi tra il ritornello di Can’t Do e il ritmo di Ivory Tower, in cui rock ed elettronica si alternano e si fondono tra di loro senza forzature.
Così gli Everything Everything riescono a far propri i generi che li hanno influenzati e le previe produzioni, confermandosi pionieri dell’art pop e alternative dance. Non perdoneremo alcun dj alternativo che non dovesse inserire una traccia di quest’album nei propri set. Spaziando dai Moderat agli Atoms For Peace, gli amanti dell’elettronica ma non troppo troveranno qui pane per i propri denti.
(2017, Sony)
01 Night Of The Long Knives
02 Can’t Do
03 Desire
04 Big Game
05 Good Shot, Good Soldier
06 Run The Numbers
07 Put Me Together
08 A Fever Dream
09 Ivory Tower
10 New Deep
11 White Whale
IN BREVE: 3/5