Non faremo l’errore imperdonabile di giudicare questo disco di Charles Thompson (al secolo Frank Black) tirandolo fuori dalla pila degli storici album dei Pixies. E non daremo neanche significati e interpretazioni, più del dovuto, alla recentissima reunion dei “folletti”, ritornati per poco in pista con un mucchio di concerti sì impeccabili, ma da vedere come sfizio, rimpatriata e nulla più. E, ancora, crediamo che una critica del mastodontico ritorno discografico di Black Fast Man / Raider Man (doppio cd per un totale di 27 brani) per non scadere nei soliti accostamenti con quello che fu, e per restare davvero una buona guida di lettura, debba galleggiare esclusivamente nelle ultimissime acque musicali di Black e non in quelle del suo illustre passato. Se una caratteristica fissa (vecchia e nuova) si può prendere come riferimento per parlare del nuovo disco del musicista americano è quella voracità espressiva, quella furia riversata sugli strumenti e quella voglia di non buttare neanche una nota, neanche una canzone, neanche una semplice idea svolazzata in testa senza ancora nessuna collocazione. E anche “Honeycomb” del 2005 era sembrato proprio quel prurito – chissà da quanti anni assecondato – quel bisogno quasi fisico di fare un album con urgenza (in quel caso un’urgenza a tratti country, a tratti soul, a tratti blues). Il doppio targato 2006, invece, sembra proprio farsi prendere eccessivamente la mano perchè è una sorta di approfondimento sproporzionato di quel primo passo folleggiante intrapreso con “Honeycomb”. Sproporzionato perché, due dischi da una dozzina di brani a testa, hanno l’apparenza di due cassetti enormi con giusto un paio di sigarette dentro. Tanti spazi vuoti, molta voglia di esagerare, pochi brani di davvero sufficiente rilevanza per un disco nato sì dalle stesse sessions a Nashville di un anno fa, ma che di queste appaiono proprio come i pezzi avanzati. Nei due album c’è un po’ tutto quello può entrare comodamente nella definizione di “repertorio americano”: ballate blues (Kiss The Ring), soul (Fast Man, Sad Old World), country (If Your Poison Get You), rock n’ roll (You Can’t Crucify Yourself, It’s Not Just Your Moment). Ma nello stesso tempo c’è il nemico numero uno degli artisti con alle spalle una certa età: la noia. E allora non faremo l’errore di accostare questo disco agli allori dei Pixies, perché, comodamente, anche da solo sa già parlare male di sé.
(2006, Cooking Vynil / Back Porch Music)
– CD 1 –
01 If Your Poison Get You
02 Johnny Barleycorn
03 Fast Man
04 You Can’t Crucify Yourself
05 Dirty Old Town
06 Wanderlust
07 Seven Days
08 Raider Man
09 The End Of The Summer
10 Dog Sleep
11 When The Paint Grows Darker Still
12 I’m Not Dead (I’m In Pittsburgh)
13 Golden Shore
– CD 2 –
01 In The Time Of My Ruin
02 Down To You
03 Highway To Lowdown
04 Kiss My Ring
05 My Terrible Ways
06 Fitzgerald
07 Elijah
08 It’s Just Not Your Moment
09 The Real El Rey
10 Where The Wind Is Going
11 Holland Town
12 Sad Old World
13 Don’t Cry That Way
14 Fare Thee Well
A cura di Riccardo Marra