Probabilmente non in tanti avrebbero scommesso di ritrovarsi ancora oggi, in questo 2025 appena iniziato, a parlare di un nuovo album dei Franz Ferdinand. Perché in quel 2004, quando la formazione scozzese debuttava con il proprio sorprendente omonimo album d’esordio, l’indie rock era − o meglio, sembrava essere − una moda passeggera, uno di quei revival in voga per una manciata d’anni e poi giù nell’oblio della storia meno significativa. Ed in effetti a quella prima generazione di indierocker del nuovo millennio non è andata benissimo nel lungo periodo, tanti sono completamente scomparsi dai radar, quasi tutti hanno smesso di sorprendere così come aveva sorpreso il primo disco dei Franz Ferdinand.
I Franz Ferdinand stessi sono praticamente un’altra band, visto che della formazione originaria c’è ancora in pista il solo Bob Hardy oltre ovviamente ad Alex Kapranos, mentre tutti gli altri sono arrivati a spizzichi e bocconi nel corso degli anni. Ma gli scozzesi, seppur con alterne fortune discografiche, non hanno mai smesso di produrre musica a modo loro, non bissando mai quel successo mondiale che nel 2004 li aveva fatti finire sulla bocca di tutti, ma affermando di volta in volta la propria riconoscibilissima cifra stilistica e dando vita a performance dal vivo sempre coinvolgenti.
The Human Fear si innesta efficacemente in questo percorso lungo ormai più di due decenni, presentando una band ancora capace di sfornare hook a presa rapida (emblematico il singolo Night Or Day, giusto per non sforzarsi troppo a cercare altro all’interno della tracklist del disco, ma anche Hooked il cui titolo in questo senso non tradisce le aspettative), con un’apparente nonchalance che fa passare la “missione” come fosse qualcosa di banale. Eppure non è banale affatto quello che hanno fatto e continuano a fare i Franz Ferdinand, mantenendo per gran parte i ritmi incalzanti e le marcette che li hanno sempre contraddistinti (vedi Cats o la conclusiva The Birds), una comfort zone tanto per loro quanto per chi li ascolta, ma sapendo anche divagare il giusto.
A tal proposito, la ritmica che lambisce il reggae di Tell Me I Should Stay e l’incedere un po’ sirtaki di Black Eyelashes sono le uniche eccezioni di un album che per il resto scorre in modo familiare, con testi mai particolarmente oscuri (la paura del titolo è solo un gancio, niente di cui preoccuparsi troppo ma solo da saper esorcizzare a dovere) ma neanche così scanzonati come potrebbe sembrare a un ascolto superficiale. Insomma, i Franz Ferdinand del 2025 sono una band che ha poco da dimostrare e tanto da far ballare, che a farlo siano loro su un palco o i loro pezzi nelle dinamiche dei dj set indie-alternative, una band che conosce il proprio mestiere e non ne fa mistero.
2025 | Domino
IN BREVE: 3/5