La domanda potrebbe essere romanzata. Utilizzata come meglio si crede. Ricamata, filosofeggiata, vaneggiata persino. Ma in realtà è dritta, drittissima: cosa riusciamo a fare in un solo giorno? Ventiquattr’ore di tempo, niente più. Qualcosa di significativo, importante, duraturo. I Fucked Up, al quesito, hanno risposto con un album. One Day s’intitola – appunto – ed è stato scritto e registrato da remoto da ciascun componente, in formazione ridotta, a partire dalle chitarre di Mike Haliechuck. Rigorosamente H24 a testa. Laddove tutte le premesse potevano condurre a un risultato futile o dimenticabile, la band di base principalmente a Toronto (Jonah Falco, batterista, vive stabilmente in Inghilterra) ha trasformato in oro l’occasione, regalandoci uno degli episodi più solidi della propria discografia.
Senza mai abbandonare una rotta tendenzialmente power-pop/hardcore punk (cioè senza mai abbandonare le solite, ben distinguibili sonorità) ma lasciandosi alle spalle un po’ di orpelli prog-eggianti, i Nostri bilanciano compattamente episodi furiosi (lo splendido kick-off Found, Huge New Year, One Day) a respiri più leggeri (I Think I Might Be Weird, Nothing’s Immortal) o sapientemente lirici (Lords Of Kensington, Falling Right Under, Cicada), dando sempre un’occasione di strappo alle infiammatissime corde vocali di Damian Abraham.
Gran colpo piazzare in mezzo l’ottima Broken Little Boys, uno skate anthem melanconico di mestiere (con un gran giro di basso di Sandy Miranda, nel cuore) – così come chiudere il cerchio con Roar e i suoi chirurgici 4:44, serrando le tende su un vividissimo controcanto. La title track recita, nelle ultime battute: “At the end of all history / Let just one thing be left of me / What could you do in just one day? / Fall in love, spend your time away”. Forse anche qualcosa in più ragazzi. Forse, soprattutto, lasciare un segno.
— 2023 | Merge —
IN BREVE: 3,5/5