A tre anni da “The Far Field” (2017), disco di pregevole synthpop, dal suono corposo e dalla forte attitudine innodica come il predecessore “Singles”(2014), tornano i Future Islands con il sesto lavoro in quattordici anni di carriera. Registrato presso i WrightWay Studios di Baltimora, in compagnia dell’ingegnere del suono Steve Wright e prodotto da loro stessi, As Long As You Are è un disco che si interroga sulla complessità della creazione di un rapporto, sul come i legami si fondino sul reciproco riconoscimento che passa, necessariamente, per la preliminare accettazione di se stessi. Un mutuo scambio che legittima la relazione e il sentimento che la sottende.
Herring sciorina questo concetto con la retorica del meritarsi quello che si ha (Glada) e del poter contare pienamente sull’altro (For Sure). Non mancano, tuttavia, episodi che guardano al passato, puntando il dito sulla tossicità di certi rapporti (I Knew You) e sugli effetti che producono (City’s Face). Sebbene i Future Islands abbiano sempre avuto al centro della loro scritturai sentimenti e l’animo umano, in “As Long As You Are”sentono il richiamo dell’argomento politico, con cui si confrontano in maniera militante (Born In A War), togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpanei confronti di fans elettori di Trump (The Painter).
La conferma di Mike Lowry alla batteria ne testimonia l’entrata in pianta stabile nel terzetto originario composto dal già citato frontman Samuel T. Herring, da Gerrit Welmers e William Cashion. Ritmiche a sostegno di un suono compatto e plasticoso che, insieme alla timbrica vocale calda e crepuscolare di Herring, rappresentano una cifra stilistica tra le più riconoscibili della scena indiepop/synthwave. Se il songwriting del frontmanappare sempre ispirato e pienamente a fuoco, dal punto di vista sonoro il disco rischia di essere un po’ stantio, non pienamente proiettato in avanti. Diversi episodi risultano alquanto anonimi, quasi dei riempitivi che non rendono giustizia alle gemme di questo disco.
I singoli For Sure e Thrill sono stati abbacinanti nel loro percorso di presentazione dell’album: una cavalcata synthpop la prima, che strizza l’occhio al power pop e allo stadium rock à la The War On Drugs. Manifesto di estetica malinconica, la seconda: tastiere compassate avvolgono le liriche resilienti di Herring. Anche la coriacea Plastic Beach macina consensi con le sue bordate sintetiche trascinanti. Stesso discorso per Moonlight, sospesa nel suo incedere onirico e struggente. Nel complesso non abbastanza, però, per raggiungere e superare l’apice di “Singles”. Restano le canzoni, però, e quello splendido senso di irrisolutezza in cui crogiolarsi: ”But if i ask you / Would you say? / It’s only rain”.
(2020, 4AD)
01 Glada
02 For Sure
03 Born In A War
04 I Knew You
05 City’s Face
06 Waking
07 The Painter
08 Plastic Beach
09 Moonlight
10 Thrill
11 Hit The Coast
IN BREVE: 3/5