Coraggiosi come pochi, ai Gang Gang Dance tocca adesso raccogliere quanto seminato. Eye Contact porta a compimento il processo di mutazione pop che germinava in “Saint Dymphna”, opera pur sempre sfuggente. Non si tratta qui di una canonizzazione, però, nonostante le tracce abbiano una fisionomia ben più delineata e più prossima al formato canzone.
I Gang Gang Dance girano intorno al concetto rielaborandone ed elevandone le costruzioni verso qualcosa che rimane inclassificabile. La trance è ancora lì a rivestire di lucide cromature lo sviluppo del discorso, così come l’essenza wave rimane pulsante. Meno tribalismi nelle percussioni, ma ancor più esotismo e orientalismo nei percorsi vocali di Lizzi Bougatsos, che nelle accattivanti Adult Goth, Thru And Thru e Chinese High si distende sinuosa. Un copioso flusso psichedelico irrora tutto “Eye Contact”, che deve davvero molto ai Knife – e di rimando alla poesia di Fever Ray; l’approdo alla 4AD è una spinta per recidere i filamenti che ancora li tenevano legati agli Animal Collective, è ora uscita una forma più personale nel suo farsi meno sghemba.
Hanno acquisito una maggiore capacità comunicativa i Gang Gang Dance, usciti dall’ermetica dialettica della sperimentazione libera e cercano di far sgambettare l’ascoltatore con l’attacco fisico dell’house trasfigurata di Mindkilla, mentre in Romance Layers sembra riemergere dagli anni Ottanta Chaka Khan in versione più soul. Stando però a Glass Jar che apre il disco ci si potrebbe attendere un percorso diverso, più rarefatto e cerebrale: strane nubi sonore si incrociano e sovrappongono in una densa stasi spaziale che decolla solo dopo sei minuti abbondanti in un’impennata di sincopi e volteggi orientali. È rigettato ogni intento di omogeneità, tuttavia le dieci tracce di “Eye Contact” non paiono mai oggetti alla deriva spinti da una forza centrifuga che li costringe a sondare linguaggi in apparenza molto distanti tra loro.
La forza dei Gang Gang Dance, e quindi il loro enorme talento, sta nell’elaborare le influenze senza perdere un briciolo di integrità, riuscendo a tenere legato un discorso che altrimenti si trasformerebbe in un soliloquio bizzarro, per non dire squilibrato. C’era da aspettarsi il salto di qualità dopo due album del calibro di “God’s Money” e “Saint Dymphna”, ma qui i newyorkesi riconfigurano il proprio alfabeto in via quasi radicale e con risultati eccellenti, e non è così difficile che le loro intuizioni facciano più proseliti di quanto si può fin d’ora supporre.
(2011, 4AD)
01 Glass Jar
02 ∞
03 Adult Goth
04 Chinese High
05 MindKilla
06 ∞ ∞
07 Romance Layers
08 Sacer
09 ∞ ∞ ∞
10 Thru And Thru
IN BREVE: 3,5/5