Gianluca Picariello, in arte Ghemon (o talvolta l’alterego Gilmar), ha da sempre al centro dei suoi album la volontà di descrivere uno stato d’animo che lo ha accompagnato per una fase particolare della sua vita. Ne è una prova il fatto che quest’ultimo disco sia stato un lavoro di un anno e mezzo, servito, nel bene e nel male, a raccogliere esperienze, razionalizzarle e metterle su fisico. Lasso di tempo in cui ha anche avuto modo di indagare e appropriarsi di sonorità più black, jazzy e soul, tipiche del Sud degli Stati Uniti.
Come per “ORCHIdee” (2014), la produzione è affidata a Tommaso Colliva ed è stato registrato con la band con cui ha girato in tour per il precedente album. Già il titolo, Mezzanotte, ha un che di suggestivo. “Non può essere mai più buio che a mezzanotte”, ha dichiarato Ghemon, ed è attorno a questo concetto che si è sviluppato tutto l’album. Una fotografia su un momento particolarmente cupo della sua vita, il cui unico risvolto positivo è che, attraversato questo, può esserci solamente più luce, la speranza di Quassù: “Ho scoperto che le mie prigioni / Erano chiuse da me / Corteggiavo la malinconia / Ora non so più che sia”.
La title track è d’impatto ed è rabbia pura, dedicata, si suppone, a quella persona responsabile in parte di questo periodo: “Dall’alto di quale podio tu giudichi i miei guai? / Mi chiedo tutto quell’odio che esplodi, come mai? / In onestà di dove stai e di come è stato / Non lo sai l’immensità di quanto non mi fotta ormai”.
Al centro dell’album, l’irrequietezza che si placa apparentemente passando serate disinteressate con ragazze che prendono forma con seni, cosce e fondo schiena come in A casa mia e Siero buono. Sentirsi solo anche se attorniato da molte persone. La terapeuta diventata un punto di riferimento per riuscire a scacciare i suoi demoni che si presentavano attraverso attacchi di panico: ”Vuoi sapere adesso dove sono / Sono come sotto un temporale / Né un ombrello né un accappatoio / Mi protegge dal male”, dal primo singolo Temporale.
Una crescita non indifferente, con Ghemon che innanzitutto cerca di andare oltre i limiti canori posti in precedenza, osando maggiormente, anche se a volte meglio di altre. Il grande salto avviene nei testi, soprattutto se si va a guardare la scelta di affrontare il tema della sessualità. La difficoltà di introdurre una forte componente sessuale, senza cadere nel ridicolo o nella volgarità (cosa che stona meno in inglese), gli ha fatto trovare l’escamotage per la ricerca di una dialettica più raffinata, fatta di racconti astratti e immagini suggestive.
(2017, Macro Beats)
01 Impossibile
02 Un temporale
03 Magia nera
04 Cose che non ho saputo dire
05 Bellissimo
06 Quassù
07 Non voglio morire qui
08 Mezzanotte
09 A casa mia
10 Siero buono
11 Dentro le pieghe
12 Niente di più
13 Dopo la medicina
14 Kintsugi
IN BREVE: 4/5