Most Normal è, in effetti, l’album più normale dei Gilla Band. Anzitutto perché il primo a nuovo nome, abbandonato il turbolento Girl Band. Poi, soprattutto, perché il più compatto: quello in cui (quasi) la forma canzone è più presente, più scelta, più cercata. Quello in cui la commistione fra le urla di Dara Kiely e le texture di Alan Duggan, Daniel Fox e Adam Faulkner risulta indubbiamente più centrata, amalgamata, compenetrata. Qualcuno ha detto addomesticata? No, per niente. Perché “Most Normal” è anche, al contempo, l’album meno normale dei Gilla Band. Quello più straordinario, completo e forse brutale.
A tre anni dal precedente “The Talkies”, con un percorso minato dalla salute del frontman e dalla pandemia, la band di base a Dublino suona un gong importante a poche settimane dalla fine del 2022, scaraventandoci giù dentro un tombino piuttosto oscuro e allucinatorio. The Gum è quasi un conto alla rovescia in uno stargate palesemente malfunzionante, prima di una serie di incubi apparentemente addomesticati dall’ars oratoria, tipicamente anglosassone, di un ritmo a volte più vicino al rap che al post punk. I ritornelli vorticosi di Eight Fivers e Backwash sono solo il biglietto da visita di un disco che gioca molto sulla ripetizione, sulla familiarità come disinnesco delle bombe noise pronte a scoppiare da un momento all’altro. Per questo gli incubi di cui sopra sembrano invece uno solo, che si protrae ad infinitum: nelle grida smorzate di Bin Liner Fashion che implodono sui cinquantacinque secondi della Suicide-esca Capgras, nelle dilatatissime passeggiate di The Weirds che si convertono da metà percorso per farsi sempre più frenetiche, nell’esaltante e messianica I Was Away.
Almost Soon potrebbe essere saltata fuori da una session piuttosto ruvida dei primi Strokes… durasse solo trenta secondi. Peccato arrivi, puntuale come un orologio, la fustigazione sanatoria di una specie di chorus: “I’ll brain you! I’ll brain you!”. Red Polo Neck e Pratfall sono un degno pre-finale per l’elegante e contenutissimo arrivederci di Post Ryan, nella quale i demoni personali di Kiely si mettono a fuoco più che mai: “I’m in between / Breakdowns, constantly / In recovery / I’m in recovery”. Alla fine della fiera, dopo trentasei minuti di tunnel, “Most Normal” restituisce all’ascoltatore la vocazione (l’unica?) verso la quale un’opera deve tendere: quella di generare, mostrare e (far) attraversare un percorso. E la conseguenza, di solito, è insieme sentirsi addosso la terra, il fango, l’acqua, il sudore, le ustioni. Eppure trovarsi tremendamente limpidi, intonsi, puliti. What else? Thanks for the ride, guys.
(2022, Rough Trade)
01 The Gum
02 Eight Fivers
03 Backwash
04 Gushie
05 Bin Liner Fashion
06 Capgras
07 The Weirds
08 I Was Away
09 Almost Soon
10 Red Polo Neck
11 Pratfall
12 Post Ryan
IN BREVE: 4/5