Se almeno una volta siete capitati dalle parti dei Godflesh, conoscete benissimo il soffocamento, lo straniamento e la sporcizia che Justin Broadrick e G.C. Green sanno infliggerci da una trentina d’anni a questa parte. Inutile spiegarvelo, perché passando da loro sarete sicuramente arrivati ai Nine Inch Nails o avrete magari fatto il percorso inverso, perdendovi nei meandri della musica industriale.
Ultimamente (leggasi: con il ritorno discografico “A World Lit Only By Fire” del 2014, arrivato dopo lo scioglimento del 2002), Broadrick s’è dedicato a un ritorno alle origini del progetto Godflesh, con un’invidiabile violenza metallica a incastrare tra loro le tracce. Con questo Post Self, invece, i Godlfesh recuperano un altro importante tassello del magma primordiale che gli ha dato vita, rallentando il massacro metal in favore di atmosfere più propriamente industrial, con tanto sudore post punk a condire il tutto.
Svariati momenti del disco (vedi Mirror Of Finite Light e Be God, poste in sequenza) pagano pegno all’esperienza di Broadrick con Jesu, a quel lento ma costante inabissamento che gli è proprio, ma in “Post Self” c’è tanto altro e si sente: chitarre quasi shoegaze (The Cyclic End), sferragliamenti matematici (Pre Self), ritmiche catacombali (In Your Shadow) e dissonanze varie ed eventuali che sono da sempre la cifra dei Godflesh.
Fino ad arrivare al quasi post rock della conclusiva The Infinite End, ulteriore e definitiva decompressione di un album che lavora benissimo sull’alternanza delle atmosfere e degli umori e che ripresenta i Godflesh in una forma smagliante, forma che ne giustifica ancora il ruolo di primissimo piano nel panorama industrial-post-metal.
(2017, Avalanche)
01 Post Self
02 Parasite
03 No Body
04 Mirror Of Finite Light
05 Be God
06 The Cyclic End
07 Pre Self
08 Mortality Sorrow
09 In Your Shadow
10 The Infinite End
IN BREVE: 3,5/5