Sentiamo dire spesso come l’arte in generale, la musica nello specifico di quanto qui ci riguarda, dovrebbe schierarsi, prendere posizione su ciò che di negativo accade nella nostra martoriata società. Per smuovere le coscienze, per opporsi all’orrore, per lasciare uno spiraglio di luce e un salvifico appiglio a chi non ha voce ma ne cerca disperatamente una in cui riconoscersi. Ed è per questo piuttosto strano che un messaggio così incisivo e drammaticamente duro, crudo, come quello di NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD arrivi dai Godspeed You! Black Emperor, una band prevalentemente − se non del tutto − strumentale che con le parole non ha mai voluto avere troppa dimestichezza, ma che ha fondato tutta la propria trentennale carriera sulla costruzione delle atmosfere, sull’accompagnamento di immagini suggerite solo nella mente dell’ascoltatore.
Il numero in migliaia contenuto nel titolo di questo ottavo lavoro in studio della formazione canadese si riferisce ovviamente ai morti palestinesi nell’attuale conflitto in Medio Oriente, diventati ormai così tanti (e con un costante incremento che al momento non tende affatto a rallentare), così “prassi”, da non fare più notizia nei telegiornali occidentali, ammesso abbiano mai fatto davvero notizia (sta tutta qui la necessità di parlarne). Ed è un pugno nello stomaco ritrovarsi quel numero spiattellato nel titolo di un album, fermo lì a ricordarci nel corso dell’intera riproduzione del disco e oltre cosa sta accadendo a poche migliaia di chilometri da noi, in un silenzio collettivo che a tratti è assordante.
Ecco, i Godspeed You! Black Emperor questo silenzio provano a scalfirlo a modo loro, con sei nuove mastodontiche suite in cui danno fondo a quell’immaginario post rock di cui sono tra i più rilevanti − e migliori, va da sé − esponenti di sempre. Lo fanno con i loro annichilenti climax alternati, dove chitarre, sezione ritmica ed elementi orchestrali si fondono e s’inseguono, esplodono e poi implodono su se stessi, in uno schema che abbiamo ormai imparato a conoscere, che a tratti suona anche prevedibile, ma che ogni santissima volta finisce per strapparti l’anima, come nel cupo incedere di BROKEN SPIRES AT DEAD KAPITAL o nell’avvilente PALE SPECTATOR TAKES PHOTOGRAPS, il cui titolo altri non rappresenta se non ciascuno di noi, inermi ad osservare ciò che ci succede intorno.
Come lasciavamo intendere poco sopra, la formula dei Godspeed You! Black Emperor risulta ormai persino ripetitiva all’interno della loro stessa discografia (nel senso di standardizzata nel microcosmo in cui operano, un vero e proprio marchio di fabbrica), ma il modo in cui i canadesi azzerano questa volta le boccate d’aria, non lasciando alcuno spazio ad aperture più speranzose, fa la vera differenza nel raggiungimento del risultato espressivo che Efrim Menuck e soci avevano qui come obiettivo. È musica funerea per tempi mortiferi questa dei Godspeed You! Black Emperor, è un invito fermo e deciso a non distogliere lo sguardo da ciò che sta accadendo, a mantenere costante l’attenzione e feroce lo spirito critico. È la rassegna stampa di cui l’umanità avrebbe bisogno, non soltanto un disco.
2024 | Constellation
IN BREVE: 4/5