Pareva che il destino dei Goldfrapp fosse segnato, prossimi ad essere deglutiti dall’ingordo mostro del poppettino zuccherino e disimpegnato una volta per tutte. Quando uscì “Head First”, trascinato da quella nefandezza smidollata di “Rocket”, sembrava calare il sipario sulle ambizioni artistiche del duo inglese, sacrificate sull’altare dell’intrattenimento usa e getta da sottofondo del centro commerciale.
Invece, Alison Goldfrapp e Will Gregory virano improvvisamente verso intimi spazi dell’anima, tinteggiando dieci gracili affreschi autunnali. Messa in secondo piano la componente elettronica, sono archi e chitarre acustiche a farla da padrona in Tales Of Us, conducendo per mano nei territori mesti degli Arborea (tra l’altro freschi di ritorno con l’ottimo “Fortress Of The Sun”), guardando ai crepuscoli di Tara Jane O’Neill.
Rarefatto e retto da sparuti sostegni percussivi, “Tales Of Us” regala alcune tra le migliori composizioni della carriera dei Goldfrapp. Ci sono brani tristissimi come Annabel, Simone e Stranger in cui riecheggia l’afflizione folk degli Steeleye Span e dei trascuratissimi ma monumentali Fovea Hex di Clodagh Simonds. Altri avvolti da una sontuosa livrea orchestrale (Drew), altri ancora potrebbero insidiare la verve melodica di Joanna Newsom (Alvar).
L’unico trait-d’union con ciò che i Goldfrapp sono stati è Thea, che rimanda dritti dritti a “Felt Mountain”, ma senza patetici revivalismi. Il tutto è percorso dalla tensione sessuale della voce di Alison, appena sussurrata o in cattedra non importa. Il feeling stavolta è quello giusto, una prova di gran classe.
(2013, Mute)
01 Jo
02 Annabel
03 Drew
04 Ulla
05 Alvar
06 Thea
07 Simone
08 Stranger
09 Laurel
10 Clay