Quanti anni avevamo quando i Guns N’ Roses diedero alla luce l’ultima creatura della loro discografia? Il calcolo è elementare: era il lontano 1993 e l’album in questione si chiamava “The Spaghetti Incident?”. Ad oggi sono dunque trascorsi la bellezza di quindici anni, periodo durante il quale chi a quei tempi era un mocciosetto o un adolescente è cresciuto nel mito e nella leggenda di questa fantomatica band col cantante pazzo da legare ed il chitarrista dal cappello a cilindro. Un modo come un altro, questo, per dire che lo scarto generazionale fra chi i Guns li ha vissuti e chi, invece, ne ha sentito solo parlare è tale da non consentire chissà quali punti d’incontro. Se n’è parlato tanto da portarci alla nausea, e la sua pubblicazione è stata rimandata un numero di volte insostenibile anche per i fan più inossidabili, ma pare che finalmente sia giunto sugli scaffali dei negozi. Di cosa stiamo parlando? Ma ovviamente di Chinese Democracy! Semplicemente l’album con la gestazione più lunga della storia della musica, nonché dal costo di produzione più elevato. Lo sappiamo tutti ma è giusto ricordarlo: l’istrionico chitarrista Slash non è più della partita, e a dire il vero neanche gli storici Izzy Stradlin, Duff McKagan e Steven Adler sono ancora in corsa. Ma c’è Axl Rose con la sua chioma rossa sgargiante, una quindicina di chili in più (a voler essere generosi) e la voce stridula come ai bei vecchi tempi. Ed allora, quantomeno da un punto di vista legale e d’immagine, si può ben dire che i Guns N’ Roses sono vivi e vegeti. Magari attaccati al respiratore artificiale, ma vivi. Perché questo “Chinese Democracy” si porta sul groppone tutti quegli anni di infinita lavorazione, che ne hanno segnato un precoce “invecchiamento” prima della nascita stessa. Gran parte del materiale che è andato a comporre la tracklist definitiva dell’album non è roba nuova, essendo stato eseguito, presentato dal vivo e “sfuggito” in parecchie occasioni intermedie a questi lunghi anni di inattività di Axl e soci. Non per questo, però, il risultato è apprezzabile. I Guns N’ Roses non sono mai stati campioni di originalità neanche all’apice della propria esperienza, ma con questo rilancio del 2008 sono riusciti nell’ardua impresa di riciclarsi alla meno peggio. Con brani come la title-track, Better, I.R.S. o Riad N’ The Bedouins, per i quali ci si sta tra i tre e i quattro secondi scarsi a riconoscerli come pezzi dei Guns. Ma mancano i riff al fulmicotone di Slash, sostituiti da chitarre a là Queen decisamente meno incisive (ed evidentissime in Catcher N’ The Rye), mancano quei testi al limite del politically correct marchio di fabbrica del giovane Axl (sostituiti in alcune occasioni da mero citazionismo politico), manca sostanzialmente un motivo valido per il quale i Guns N’ Roses del 2008 debbano suonare – ancora – in questo modo. C’è l’immancabile ballatona strappalacrime, Street Of Dreams, che ovviamente non può neanche allacciare le scarpe ad una “Don’t Cry” o ad una “November Rain”. Ci sono accenni di elettronica che, invece di portare una ventata d’aria fresca ai brani, finiscono per imborghesirli in stile Lenny Kravitz (vedere alla voce If The World). Per non parlare di una della canzoni più pubblicizzate nel corso degli ultimi anni, Madagascar, semplicemente imbarazzante, basta ascoltarla per rendersene tristemente conto. Detto ciò, è giusto che al bastone segua anche una piccola carota: la prova vocale di Axl Rose, infatti, risulta sensibilmente migliore di quanto ci si potesse aspettare, ruvida come sempre, ricca di sfumature come negli ’80. Il che non basta a far raggiungere la sufficienza a “Chinese Democracy”, ma rassicura quantomeno i fan del singer americano sul suo stato di salute spesso al centro di gossip. E rincuora tutti gli altri sul fatto che forse, con le giuste compagnie (leggasi “band”), Axl potrebbe anche riuscire a sfornare un prodotto all’altezza del suo passato.
(2008, Geffen)
01 Chinese Democracy
02 Shackler’s Revenge
03 Better
04 Street Of Dreams
05 If The World
06 There Was A Time
07 Catcher N’ The Rye
08 Scraped
09 Riad N’ The Bedouins
10 Sorry
11 I.R.S.
12 Madagascar
13 This I Love
14 Prostitute
A cura di Emanuele Brunetto