Non dev’essere stato facile – e immaginiamo continui a non esserlo – per Hannah Cohen smarcarsi dalle maldicenze che vogliono una ragazza bellissima, figlia d’arte e con un produttore enorme come Thomas Bartlett aka Doveman alle spalle, più una raccomandata che altro. Storie di corsi e ricorsi, di stereotipi e pregiudizi, quelli che portarono tanti a definire “Child Bride”, esordio da cantante di Hannah pubblicato nel 2012, fin troppo ricercato per essere tutta farina del suo sacco.
Così per questo suo sophomore la scelta è ricaduta su un deciso cambio di rotta, con un netto abbandono delle sonorità acustiche in favore di una svolta electro-pop che però mischia un po’ troppo le carte in tavola.
Il problema di Pleasure Boy, infatti, non sta tanto nella sostanza quanto piuttosto nella forma, che paga pegno in modo troppo evidente a quella Lana Del Rey con cui la Cohen condivide gran parte dei fattori che portano alle maldicenze di cui sopra. Brani come Lilacs, I’ll Fake It e Claremont Song hanno chiarissime linee comuni con i due album firmati finora da Lana, ma mancano del tocco prettamente pop che giova alle classifiche e di quello velatamente dark che serve invece all’apprezzamento da parte dei più schizzinosi. Caratteristiche che la Del Rey, piaccia o meno, possiede.
L’opener Keepsake ha qualcosa di Banks (ed è un punto a favore), mentre in Queen Of Ice si sentono echi di quel jazz assorbito in casa grazie al padre, il batterista Myron Cohen. Watching You Fall, invece, è l’unico brano che riprende in minima parte il filo dell’esordio e che per questo può essere definito cantautorale. Ma 8 tracce e 34 minuti di durata, per di più cosi confusionari nelle intenzioni, sono troppo poco per svelare completamente il buono dell’arte della Cohen e per far guadagnare al disco più di una stentata sufficienza.
(2015, Bella Union)
01 Keepsake
02 Lilacs
03 Watching You Fall
04 Fake It
05 Claremont
06 Queen Of Ice
07 Just Take The Rest
08 Baby
IN BREVE: 3/5