Pur trattandosi di una pubblicazione “minore”, riteniamo interessante parlare di questo 12” degli Hontatedori, trio di base a Tokyo composto dalla vocalist Moé Kamura, il chitarrista Taku Unami (Hibari) e Tezuki Akiyama, multistrumentista classe 1964 con una vasta discografia alle spalle, comprese collaborazioni con Jozef van Wissem, di cui peraltro il progetto condivide una certa propensione avant folk, con una devozione alla musica medievale che ha una componente anche di studio e rivisitazione didattica, oltre che relativa a determinate sfumature e accenti, oppure lo più sperimentale Oren Ambarchi. Il dischetto si intitola Konata Kanata e esce sotto l’egida della Blue Chopsticks, un altro micro-mondo da esplorare che poi sarebbe la materializzazione delle visioni artistiche di David Grubbs, in qualche maniera mentore del trio e titolare di questa branca della Drag City Records improntata alla promulgazione di quella tipologia di sound che deriva dalle sperimentazioni che lo stesso musicista di Chicago ricercava con i Gastr del Sol, in compagnia di Jim O’Rourke (residente proprio a Tokyo) all’inizio degli anni Novanta e dopo l’esperienza con gli Squirrel Bait, con la quale ha appena pubblicato il disco “Lacrau” in collaborazione con il chitarrista portoghese Manuel Mota.
Ma del resto le somiglianze con l’approccio compositivo e allo strumento (la chitarra in particolare) di David Grubbs sono una componentistica evidente nel sound di questo trio, che già nel 2013 aveva debuttato con un LP eponimo per l’etichetta giapponese Compare Notes (ma riproposto su Blue Chopsticks/Drag City). Somiglianze che vengono riproposte in questa breve pubblicazione suddivisa in quattro tracce, in cui il ruolo centrale della bellissima voce d Moé Kamura viene contornato da arrangiamenti minimali ancora più sperimentali.
Viene meno in qualche maniera l’orientamento lounge e tropicalista di alcuni momenti del primo LP, così come si riduce quel groove di basso che imperniava alcune composizioni dando un certo orientamento funk, a favore di un minimalismo che può ricordare quel bellissimo LP della coreana Park Jiha pubblicato su Glitterbeat a inizio anno (“Planets”), dove regnano arrangiamenti di chitarra che sembrano quasi accondiscendere la voce, accompagnandola lungo scale musicali in uno stile jazzato classico (Iron Fence, Horology Of The Surf), fino allo sperimentalismo e la chamber music sofisticata di A Boy. Tenue, caldo, delicato, la giusta release per approcciare una realtà musicale variegata e alta ma allo stesso tempo accessibile a tutti.
(2018, Blue Chopsticks)
01 Planets
02 Iron Fence
03 Holorogy Of The Surf
04 A Boy
IN BREVE:3/5