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Iceage – Seek Shelter

L’evoluzione degli Iceage iniziata con “Plowing Into The Field Of Love” (2014) e portata avanti dal successivo “Beyondless” (2018), aveva messo in luce la loro versatilità e uno stile originale di scrittura delle liriche in rapida ascesa. Giunti al loro quinto album in studio, il primo sotto l’egida della Mexican Summer, sganciano con Seek Shelter l’ennesima bomba post punk di questo 2021 includendo in gruppo un nuovo componente, il chitarrista Casper Morilla Fernandez, e apportando un’ulteriore novità in materia di produzione, affidandola per la prima volta ad un esterno, Peter Kember, noto anche come Sonic Boom. La presenza dell’ex Spaceman 3 si avverte chiaramente nelle scelte del sound che abbraccia numerose influenze, da quelle della scena Madchester, al britpop, alla shoegaze fino alla psichedelia e allo space rock.

Il quintetto danese fornisce un’eccellente prova nella stesura dei testi, tra i migliori mai scritti fin dagli esordi con “New Brigade” (2011), permeati da un’aura tragica, pessimista e in alcuni casi, in contrasto con sonorità più leggere, anche ironica: i temi inerenti alla società rappresentano una presa di posizione netta in risposta a chi aveva additato la band come razzista e simpatizzante per gli ambienti dell’estrema destra. Tutto ciò è visibile fin dai riverberi iniziali della semplice Shelter Song, che dondola ed esplode come una (champagne) supernova tra una strofa catastrofica e l’altra, cantate con una dolcezza disarmante da Elias Bender Rønnenfelt insieme al Lisboa Gospel Collective, le quali trovano una corrispondenza negli argomenti trattati nel film “Melancholia”, diretto dal conterraneo Lars Von Trier.

Scaldano i motori le linee di basso di High & Hurt, che alterna cori armonici a piccoli e taglienti riff di chitarra, mescolando garage e psych rock a sprazzi del punk dinamico dei Replacements, citando inoltre l’inno cristiano “Will The Circle Be Unbroken”. L’oscura, tragica e appassionata ballad Love Kills Slowly rimanda allo stile elevato e drammatico di Nick Cave e ai Radiohead dei tempi di “The Bends” (1995) (ma con un tocco evidente di “Creep” appartenente “Pablo Honey” del 1993), mentre il sound acido e le vertigini seducenti della violenta Vendetta entrano nel territorio danzereccio di Stone Roses e Primal Scream.

Si rimane attoniti all’ascolto della successiva Drink Rain, soprattutto per il rischio (non da poco) assunto dal gruppo di inserire una ballatina quieta tra chanson e cabaret dalle sfumature anni Cinquanta e Sessanta, con tanto di piano e sax accennati, riuscendo nell’impresa di rimanere nei binari prefissati e senza apparire particolarmente fuorvianti. Il viaggio continua “on the road” con l’armonica dell’americana Gold City, dall’aria heartland rock un po’ Springsteen e un po’ Mellencamp, per poi tornare al britpop più gallagheriano che mai à la “Up In the Sky” con i ritmi coinvolgenti di Dear Saint Cecilia che, proprio come la sua simile, di giocoso ha solo l’apparenza.

Rimangono in territorio made in England gli echi della più pesante e lenta The Wider Powder Blue, che conduce al valido finale in crescendo di The Holding Hand, il quale ci riporta alle cupe atmosfere del Re Inchiostro. Più complesso e amaro di quanto potrebbe sembrare, “Seek Shelter”centra l’obiettivo in pieno e non lascia affatto indifferenti con le sue nove tracce quasi perfette, a tratti forse un po’ troppo evocative nelle sonorità, ma in fondo talmente riuscite e ben scritte da distogliere l’attenzione dall’una o dall’altra possibile origine.

(2021, Mexican Summer)

01 Shelter Song
02 High & Hurt
03 Love Kills Slowly
04 Vendetta
05 Drink Rain
06 Gold City
07 Dear Saint Cecilia
08 The Wider Powder Blue
09 The Holding Hand

IN BREVE: 4,5/5

Martina Vetrugno
Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.