Una quindicina d’anni fa gli scozzesi Idlewild rappresentavano un nome di punta del rock britannico, apparentemente destinati ad una fortunata carriera in costante ascesa. Dopo un paio d’album eccellenti (“100 Broken Windows” e “The Remote Part”) cominciò invece un declino tanto improvviso quanto inesorabile, con la pubblicazione di dischi che andavano progressivamente a peggiorare il repertorio della band: prima l’appena sufficiente “Warning/Promises”, poi i disastrosi “Make Another World” e “Post Electric Blues”.
Inevitabile dunque una lunga pausa di riflessione, durante la quale c’è stato spazio per i progetti solisti di alcuni membri del gruppo, oggetto di un’incredibile campagna di boicottaggio sui social network da parte dei fan che non ne volevano sapere di una scomparsa definitiva degli Idlewild. Ma ascoltando il nuovo Everything Ever Written (primo album in studio dopo sei anni) risulta lecito chiedersi se abbia senso questo ritorno.
Un break così lungo non è infatti servito a Roddy Woomble e soci per ritrovare almeno in parte la verve creativa di un tempo, con il risultato di un album davvero brutto, che si assesta sui livelli negativi dei precedenti dischi. I presagi erano negativi fin dall’ascolto di Collect Yourself, singolo minimamente orecchiabile ma comunque debole, sbiaditissima copia delle belle canzoni che gli Idlewild erano capaci di scrivere in passato. Eppure la scelta di questo brano come primo estratto dall’album risulta azzeccata, visto che il resto del disco dopo una serie di ascolti lascia purtroppo sconcertati.
Ci sono giusto altre tre canzoni (la bucolica So Many Things To Decide, Nothing I Can Do About It e la delicata Radium Girl) che hanno un briciolo della qualità e dell’energia di un tempo, ma per il resto la banalità delle composizioni è sinceramente disarmante. Ritornelli che più deboli non si può sono la costante: il punk confusionario e inascoltabile di On Another Planet e le noiosissime Utopia ed Every Little Means Trust rappresentano solo alcuni esempi.
Quattro canzoni a stento sufficienti ed otto davvero brutte: è questo il risultato – nudo e crudo – di sei anni durante i quali gli Idlewild potevano riordinare per bene le idee al fine di rilanciarsi in modo dignitoso. Se si pensa a certe eccellenze del passato (canzoni come “You Held The World In Your Arms” o “Roseability” lasciarono il segno nelle classifiche indipendenti del settore), ha senso continuare così? Meglio non rispondere.
(2015, Empty Words)
01 Collect Yourself
02 Come On Ghost
03 So Many Things To Decide
04 Nothing I Can Do About It
05 Every Little Means Trust
06 (Use it) If You Can Use It
07 Like A Clown
08 On Another Planet
09 All Things Different
10 Radium Girl
11 Left Like Roses
12 Utopia
IN BREVE: 1,5/5