I Maiden sono i Maiden e resteranno per sempre i Maiden. Amati o odiati che siano, con oltre quarant’anni di carriera sulle spalle e ben pochi inciamponi, possono permettersi di rimanere loro stessi e fare tutto ciò che preferiscono, in barba al rischio di apparire monotoni o produrre musica in favore di quel che è mainstream. Registrato nel 2019 al Guillaume Tell Studio di Parigi come il suo predecessore, “The Book Of Souls” (2015), e chiuso letteralmente in cassaforte fino a pochi giorni fa da Steve Harris, per paura di pubblicazioni indesiderate sul web, Senjutsu ruota intorno al tema della guerra, sia in termini terreni sia biblici, con un occhio ad Oriente, come si evince dal titolo e dalla nuova armatura da samurai di Eddie: le liriche traggono ispirazione dallo scibile quasi infinito di Dickinson & Co. (i soliti secchioni/letterati/cinefili/storici), mentre il sound a cavallo tra heavy e prog metal non ha bisogno di particolari presentazioni, ad eccezione di una riscontrata precisione tecnica maggiore.
L’incedere epico e orientaleggiante dell’apertura Senjutsu lascia il posto alla più classica cavalcata maideniana di cui è protagonista il guerriero di Stratego, ma il brano di punta non può che essere The Writing On The Wall, con il miglior passaparola di assoli di chitarra (tipico) di Murray e Smith ed il suo video suggestivo dallo scenario un po’ alla Mad Max, ricco di simbologie nascoste, ad opera di Mark Andrews ed Andrew Gordon, ex Pixar e soprattutto fan sfegatati della band inglese. Spicca l’immancabile vena progressive che avvolge il mondo lontano di Lost In A Lost World, dall’intro ovattata, solenne e malinconica in palese stile Moody Blues (i quali, per curiosa combinazione, pubblicarono un brano nel 1972 proprio dal titolo identico), e i repentini cambi di passo. Fortemente influenzata dal “Constantine” impersonato da Keanu Reeves, Days Of Future Past richiama “il fattore tempo”, uno dei temi ricorrenti nella storia della band, così come la successiva e “galoppante” The Time Machine.
Per restare in ambito di cinematografia, Darkest Hour si ispira all’omonimo film su Winston Churchill e alla sua figura in generale, di cui viene tracciato un ritratto tra debolezze e azioni non sempre brillanti, ma dal grande merito di non esser sceso a patti con i nazisti e non aver mai ceduto a dichiarare una resa. Le battaglie sanguinose dipinte dai fraseggi centrali à la Rush di Death Of The Celts e dall’aria maestosa di The Parchment trovano una risoluzione finale nel minuscolo barlume di speranza e nelle amarissime constatazioni di Hell On Earth. Solido e di valido contenuto, “Senjutsu” è il diciassettesimo album in studio di un gruppo che ha sempre avuto le idee chiare e tira dritto per la propria strada, riuscendo ancora a sorprendere in qualche caso, e di cui ci auspichiamo di poter sentire i pezzi forti dal vivo il prossimo anno al Bologna Sonic Park, dopo tanta, tanta, tanta, tantissima pazienza.
(2021, Parlophone / Warner)
01 Senjutsu
02 Stratego
03 The Writing On The Wall
04 Lost In A Lost World
05 Days Of Future Past
06 The Time Machine
07 Darkest Hour
08 Death Of The Celts
09 The Parchment
10 Hell On Earth
IN BREVE: 3,5/5