Non ancora trentenne, Joshua Tillman ha già un fitto curriculum all’attivo in una finora abbastanza breve carriera, di cui si certifica l’esordio nel 2005. Quello che abbiamo tra le mani, Year In The Kingdom, è il suo quinto lavoro su lunga distanza che ci pone al cospetto di un songwriter non ancora del tutto maturo, ma di sicuro sulla buona strada per diventarlo. La sua è una scrittura dai tratti intimi e confidenziali, emancipata da pomposi arrangiamenti, qui del tutto scarni ma nel contempo raffinati (basta Crosswinds per mettere in risalto tutto ciò). Musica che fugge dal caos urbano e dalle architetture ipertecnologiche delle recenti produzioni dell’industria musicale, tutto ciò si accoda con la folta schiera di cantautori americani che, da cinque sei anni a questa parte, stanno rinverdendo i fasti del folk americano. Il parallelo più prossimo che ci sopravviene è quello con Vic Chesnutt, ma senza quel velenoso velo di dolore che ne permea la musica. Chitarre acustiche che si sfiorano e si toccano a vicenda tra arpeggi e accordi, con la nuda voce di Joshua a narrare le tappe di questo viaggio di un anno nel regno. Pare di vagare tra gli immensi granai a cielo aperto degli stati centrali dell’America col vento altero a soffiare senza sosta, attraversare queste distese dorate per poi sfiorare con la punta delle dita i picchi delle Montagne Rocciose ed infrangersi in centinaia di filamenti luccicanti nell’ombrosa Seattle, città del nostro. Umore a tinta unica tra lieve brezza malinconica e fiochi scintillii di speranza, “Year In The Kingdom” non contiene di per sé canzoni memorabili, anche se la sopra menzionata “Crosswinds” è uno dei pezzi migliori che abbiamo ascoltato quest’anno. Le si avvicina Earthly Bodies, che in scaletta la segue a ruota, una delicata penombra mattiniera che si diffonde quieta nella stanza. Non tutto va a meraviglia. Ciò che va evidenziata è una ripetitività di fondo che viene sempre più in superficie man mano che ci si addentra nella tracklist: Marked In The Valley è un po’ la mezza fotocopia di Through I Have Wronged You. Ma, come spesso accade, questo è ciò che si definisce un “limite di genere”. Resta, a conti fatti, un album onesto, che sa trasmettere emozioni e piace anche dopo ripetuti ascolti, cosa non da poco in tempi di sovraffollamento discografico. Ma Joshua Tillman, se vuole diventare un titano della scena, deve ancora compiere i giusti passi, quelli che si fanno col passare del tempo.
(2009, Bella Union)
01 Year In The Kingdom
02 Crosswinds
03 Earthly Bodies
04 Howling Light
05 Though I Have Wronged You
06 Age Of Man
07 There Is No Good In Me
08 Marked In The Valley
09 Light Of The Living
A cura di Marco Giarratana