Il risultato è un album che, a poco più di un anno di distanza dal fortunato omonimo esordio, pone Jake Bugg difronte a un bivio: fare il Bob Dylan o fare l’Arctic Monkeys senza Arctic Monkeys? Le idee non sembrano chiarissime e la cosa appare evidente. Perché se c’è un difetto, in questo “Shangri La”, è l’urgenza espressiva che investe Bugg, la voglia di sputare fuori tutto e subito. Comprensibile per un diciannovenne che da un anno a questa parte sente chi gli sta intorno ripetergli quant’è bello e quant’è bravo.
Non voleva deludere nessuno Jake, quindi ha pensato bene di piazzare dentro questo sophomore tutta la roba che ha ascoltato e che ha contribuito alla sua formazione, come a dire: “Ehi! La lezione l’ho studiata bene e ora ve lo dimostro”. Ed è per questo che la carne sul fuoco appare a tratti troppa e anche le bistecche più succose rischiano di bruciarsi o non cuocersi bene.
E così, mentre Alex Turner e i suoi Arctic Monkeys hanno fatto un passo avanti col loro ultimo “AM”, ci pensa il pischello Bugg a colmare l’improvvisa vacanza di pezzi brit rock al fulmicotone: vedi i due singoli che hanno anticipato l’album, Slumville Sunrise e What Doesn’t Kill You, oppure Messed Up Kid. Poi ci sono brani come Simple Pleasures, omaggio neanche troppo velato ai capelli a caschetto d’Albione (siano essi quelli dei Beatles o degli Oasis, poco importa), e ballatone col titolo che sono tutto un programma (A Song About Love e All Your Reasons, con quest’ultima che evidenzia delle interessanti vene psichedeliche).
Ma è quando Bugg torna più indietro nel tempo che la sua vera natura viene fuori: prendi la conclusiva Storm Passes Away, con quel folk-country che tira un pugno in faccia alla tradizione, la stende al primo colpo e gli ruba il borsello. Ancora, Me And You e Pine Trees, che proseguono sulla stessa falsariga, oppure il tentativo blueseggiato di Kingpin.
A cavallo fra i generi, con un’identità artistica non del tutto definita e delle lyrics sinceramente un po’ banali e migliorabili, il cantautore di Nottingham chiarisce però al mondo che le basi per costruire qualcosa d’importante ci sono e che gli spunti e le idee non mancano. Ma andrà imboccata una strada, perché a saltellare di continuo da una cosa all’altra il rischio è quello di cadere e farsi male.
(2013, Mercury)
01 There’s A Beast And We All Feed It
02 Slumville Sunrise
03 What Doesn’t Kill You
04 Me And You
05 Messed Up Kids
06 A Song About Love
07 All Your Reasons
08 Kingpin
09 Kitchen Tables
10 Pine Trees
11 Simple Pleasures
12 Storm Passes Away