«When they love you, and they will / Tell ‘em all they’ll love in my shadow / And if they try to slow you down / Tell ‘em all to go to hell» (The House That Heaven Built)
Me lo ricordo bene. Era d’agosto, dieci mesi fa appena. Percorrevo in bicicletta il lungomare d’un paesino della costa orientale siciliana. E m’è tornato in mente “Wet Hair”, uno dei brani più squisitamente adrenalinici che io abbia stanato negli ultimi anni. E m’è venuta una voglia matta di riascoltare “Post-Nothing”. Ed è montato inizialmente il dispiacere di non averlo con me. Ed è subentrata, nell’immediato, l’idea di scovare un qualsiasi internet point (ce ne saranno aperti, poi?) per gustarmelo nella sua breve interezza. E dopo una buona oretta, ispezionando di qua e di là ogni possibile approdo, la pedalata s’è interrotta con gioia. Ed ero di fronte ad un bar. E mi hanno messo a disposizione un computer. E mi hanno servito, ghiacciata, una birra. E la cuffia rigurgitava, soddisfatta, ‘The Boys Are Leaving Town’. Come rigurgita oggi, ancora e sempre soddisfatta, The Nights Of Wine And Roses, traccia che dona il largo alla seconda liturgia semiseria d’una band – a parer mio – a tratti esaltante. I Japandroids tornano in attacco a tre anni di distanza da un esordio che, a partire dal nome, rappresentava ben più che una mera dichiarazione d’intenti. E lo fanno garantendo (i soliti, mi viene ormai da dire) trentacinque minuti di scanzonata, propulsiva, millimetrica energia. Lo fanno aggredendo (al solito, mi viene ormai da dire) orecchio e memoria, imprigionando l’attenzione nel vespaio di Fire’s Highway e Evil’s Sway, omaggiando con grazia tellurica i meravigliosi Gun Club (For The Love Of Ivy) prima di atterrare sulla programmatica Adrenaline Nightshift. Lo fanno discorrendo del (solito, mi viene ormai da dire) rapporto infettivo col passato, con le donne, con chiunque tenti di ammorbarli ed infine distruggerli. Infiammandosi con le benziliche Younger Us / The House That Heaven Built, scaldando ed illuminando sino al termine di Continuous Thunder fino ad esplodere (come in principio d’ascolto), scoppiare distanti in un dolceamaro tripudio di fuochi d’artificio. Con Celebration Rock, Brian King e David Prowse avanzano spavaldi all’interno del mio personalissimo battaglione di nuove leve quali novelli acchiappafantasmi pronti a rispondere, repentini, alla domanda: “e chi chiamerai?”. Se non sono rock anthems questi, faccio fatica ad immaginarne altri. Se non è “della giovinezza” questo, non so davvero cos’altro potrebbe esserlo. Se non è una gradita conferma questa, mi auguro accetterete di buon grado il consiglio dei miei amici, quassù in cima. Per cui: “go to hell”, va’; che è meglio.
(2012, Polyvinyl)
01 The Nights Of Wine And Roses
02 Fire’s Highway
03 Evil’s Sway
04 For The Love Of Ivy
05 Adrenaline Nightshift
06 Younger Us
07 The House That Heaven Built
08 Continuous Thunder
A cura di Michele Leonardi