Home RECENSIONI Jay-Z – 4:44

Jay-Z – 4:44

4:44 è un disco che mostra una certa urgenza da parte di Shawn Carter di poter finalmente esprimere il suo punto di vista, in risposta ad accuse e fatti scandalosi di cui è stato protagonista negli ultimi anni. Jay-Z non è solito esporsi attraverso i social o i media rispetto alla propria vita privata, quindi utilizza quest’album per togliersi diversi sassolini dalle scarpe, ma soprattutto per alzare le mani e ammettere ciò che la moglie aveva insinuato in “Lemonade”: la conferma della famosa “Becky with the good hair” e altri comportamenti per cui prova vergogna sia come padre che come marito. Ci si aspettava una risposta (ovviamente in esclusiva su Tidal), ma quella che arriva non è la reazione che avremmo avuto dal Jay-Z di “Reasonable Doubt” o “Blueprint”: “4:44” è la risposta di un uomo di 47 anni, con due gemelli appena nati e una figlia di cinque anni, che non vuole pensare a se stesso come un uomo solo (“Not meant to cry and die alone in these mansions”).

La title track serve come contraltare alla sfrontata “Sorry” di Beyoncé, non è l’unica traccia indirizzata alla moglie ma è indubbiamente la più significativa: emergono i retroscena di una coppia miliardaria che diventa umana (“And if my children knew / I don’t even know what I would do / If they ain’t look at me the same / I would probably die with all the shame”) e il senso di colpa non solo nei confronti di lei ma anche dei figli che potrebbero non considerarlo più un papà modello (“My heart breaks for the day I have to explain my mistakes / And the mask goes away, and Santa Claus is fake”).

Un altro rapporto tormentato, fatto di alti e bassi, è quello con Kanye West che fino al 2007 in “Graduation” si riferiva al suo mentore chiamandolo “My Big Brother”, ma erano altri tempi. In Kill Jay-Z si parla della notoria arroganza e insolenza di West, che lo hanno portato durante alcune date del Saint Pablo Tour a lanciare diverse frecciatine a Jay-Z (“But you got hurt because you did cool by ‘Ye / You gave him 20 million without  blinkin’ / He gave you 20 minutes on stage, fuck was he thinkin’? / “Fuck wrong with everybody?” is what you sayin’ / But if everybody’s crazy, you’re the one that’s insane). Sembrava che il successo e l’ego di entrambi non fossero un ostacolo alla loro amicizia, ma i Re di “Watch The Throne” (2011) probabilmente non avranno un seguito.

Un altro episodio su cui Jay-Z non si era mai pronunciato è il video trapelato da un ascensore in cui Solange colpisce ripetutamente con calci e pugni Jay-Z, davanti a una Beyoncé immobile che non difende affatto il marito. Le speculazioni su una possibile infedeltà vengono sostanzialmente confermate (“You egged Solange on Knowin’ all along, all you had to say you was wrong).

Nel gestire le conseguenze dalla relazione con Beyoncé sembra che Jay-Z tragga ispirazione dalla madre che a cuore aperto suggerisce in Smile “Love who you love, because life isn’t guaranteed”, ispirazione che viene dal coraggio avuto dalla madre nel fare coming out dopo aver costruito una famiglia, ammettendo di essere gay (Mama had four kids, but she’s a lesbian / Had to pretend so long that she’s a thespian / Had to hide in the closet, so she medicate / Society shame and the pain was too much to take / Cried tears of joy when you fell in love / Don’t matter to me if it’s a him or her”).

Jay-Z è un uomo che oggi vale 800 milioni di Dollari, un vero self-made man partito dai quartieri poveri di Brooklyn ma che nonostante tutto verrà sempre visto come un afroamericano che non riuscirà mai a raggiungere una certa élite e il vero riconoscimento in un mondo bianco. Da The Story Of O.J. si passa concettualmente a Moonlight, attraverso un parallelo rispetto a quello che accadde durante l’ultima premiazione degli Oscar, in cui per errore era stato annunciato come vincitore un altro film invece che il primo film interpretato interamente da un cast di colore (“We stuck in La La Land / Even when we win, we gon’ lose”).

Il leggendario No I.D. (già vice presidente della Def Jam) si prende in carico tutto l’album e anche questa volta, come già successo con Common, Kanye West e più recentemente con Vince Staples, fa raccontare l’artista con l’aiuto di sample ormai ritenuti dei classici: Nina Simone, Stevie Wonder, Fugees, B.I.G. e Raekwon, riponendo nella scelta di ognuno di essi un’attenzione quasi maniacale, fin quasi a far sembrare che sia il sample ad adattarsi al rap di Jay-Z e non viceversa.

Al tredicesimo album di Jay-Z (non contando quelli collaborativi) è difficile dire quale sia il migliore, soprattutto rispolverando la primissima produzione, ma sicuramente “4:44” è il più sincero e umile. Carter non dà spazio (tranne in Kill Jay-Z) al proprio ego, ogni rima è costruita per lanciare un messaggio e ha un particolare significato, che si evince dal tono di un Jay-Z per la prima volta remissivo.

(2017, Roc Nation / Universal)

01 Kill Jay Z
02 The Story Of O.J.
03 Smile (feat. Gloria Carter)
04 Caught Their Eyes (feat. Frank Ocean)
05 4:44
06 Family Feud
07 Bam (feat. Damian Marley)
08 Moonlight
09 Marcy Me
10 Legacy

IN BREVE: 4/5

Danda Zanoni
Consulente ed ingegnere, ma prima ancora “music addicted”. Da sempre con sottofondo musicale a far da colonna sonora della mia vita.