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Jeff Tweedy – WARM

WARM è la confessione sottovoce che Jeff Tweedy fa davanti al suo pubblico, una di quelle confessioni che potrebbe farti una persona che conosci da sempre e di cui credi di sapere tutto. È il diciottesimo album in cui il navigato artista dell’Illinois fa la parte del leone, dopo essere passato da Uncle Tupelo, i mai troppo osannati Wilco e il progetto Tweedy, un solo disco scritto con il figlio maggiore.

A cinquantuno anni sembra ancora inarrestabile la sua voglia di raccontarsi con uno stile che oramai è un marchio di fabbrica, e talvolta un po’ il suo limite. Bastano appena 39 minuti per sbirciare nell’intimità del musicista, innamorandosi di quei suoni che abbiamo imparato ad apprezzare in passato e che qui si ripropongono più scarni di prima, ma con una nuova e inaspettata maturità che odora, appunto, di confessione.

Un primo ascolto non particolarmente attento potrebbe suggerire un disco leggero. È vero, in parte lo è: i suoni, i sussurri, il mixaggio e le armonie vanno tutte in questa direzione. Ma è solo il suono che si spoglia completamente ed è come se tra l’ascoltatore e Tweedy non ci fossero più frizioni comunicative o effetti speciali buttati a caso per stupire. È questo il punto di partenza per innescare quella nuda confidenza che si instaura con l’ascoltatore. Dopo aver assaporato per anni i riff suonati con i Wilco al completo, ritrovare un approccio così essenziale e semplice regala una sensazione piuttosto piacevole, come se fosse quel tassello che mancava nella carriera di Jeff Tweedy.

Musicalmente la voce diventa raramente grossa, ma The Red Brick è forse uno di quei casi, e tra liriche intime e suoni incalzanti esce fuori uno degli episodi più energici e piacevoli di tutto il disco. Non è difficile ritrovare alcune atmosfere di “Mind Games” (1973) di John Lennon, per esempio Some Birds non è poi così distante da “Aisumasen (I’m Sorry)”, come Let’s Go Rain non lo è da “I Know (I Know)”. Ma nonostante questi richiami, il disco si presenta compatto, tanto nelle scelte musicali, tanto nella scrittura dei testi. Jeff Tweedy adesso è libero di parlare di sé, di ripercorrere i suoi pensieri (“Now people say / What drugs did you take / And why don’t you start taking them again? / But they’re not my friends”).

Notevoli alcuni episodi come Bombs Above (“A man so drunk he could hardly stand / Told me once holding my hand / Suffering is the same for everyone / He was right but I was wrong to agree”) e How Will I Find You che malinconicamente si aggira nella penombra, trascinandosi su un ritmo che sembra un battito cardiaco e che si arricchisce progressivamente di suoni, generando un climax ascendente che però non s’impenna ma s’ingarbuglia tra i pensieri pesanti ma espressi in modo semplice. Tweedy si domanda incessante, lamentoso e sottovoce “How will I find you?/ I don’t know”, affidando il congedo finale al fade out e terminando così la sua riuscita confessione.

(2018, dBpm)

01 Bombs Above
02 Some Birds
03 Don’t Forget
04 How Hard It Is For A Desert To Die
05 Let’s Go Rain
06 From Far Away
07 I Know What It’s Like
08 Having Been Is No Way To Be
09 The Red Brick
10 Warm (When The Sun Has Died)
11 How Will I Find You?

IN BREVE: 4/5

Giovanni Cantamessa
Sono nato nel 1988 in Piemonte durante una fredda giornata di neve, ma sono cresciuto al caldo della Sicilia. Di mestiere faccio l’account B2B. Spendo i miei soldi in dischi, libri, chitarre e viaggi, il resto lo sperpero.